LA BELLA CINGANETTA
Novella prima
Argomento
Don Gioanni di Carcamo cavaliere principalissimo, divenuto amante di Preziosa la bella cinganetta, doppo molta resistenza fatta a sé stesso si fa cingano e vive con nome di Andrea, però castamente, con lei. Intanto la figlia di una vedova in casa della quale erano alloggiati, sfrenatamente innamorata di lui né potendo ottennere il suo intento, con inganno fattolo conoscere ladro è cagione ch'egli uccide un soldato per la cui morte è fatto prigione e capitalmente sentenziato. Preziosa per la di lui vita pregando viene conosciuta per donna Costanza figlia del governatore, il quale, riconosciuto medesimamente don Gioanni ed assolutolo dell'omicidio, con allegrezza universale gliela concede in moglie.
Egli pare che i cingani e le cingane per altro non siano nati al mondo che per esser ladri: nascono di padre e madre ladri, si allevano con ladri, studiano per esser ladri e finalmente riescono ladroni a bontà di ventiquattro carati e un quarto; e la voglia del rubare ed il rubare sono in essi come accidenti inseparabili che non si ponno levare se non con morte.
Una dunque di questa nazione, cingana vecchia che nella scienza di Cacco poteva d'avantaggio esser privilegiata, nodrì una fanciulla, a cui pose nome Preziosa, con nome di nipote e li insegnò quante furfantarie, malizie ed inganni si possono imaginare per tor quel d'altri.
Erasi di già Preziosa fatta ricca di villanelle, d'ottave, di frottole e di molte altre maniere di composizioni che tutte cantava con una grazia particolare,
Fu allevata Preziosa in diverse parti della Castiglia, quando che, pervenuta all'età di quindici anni, l'avola sua putativa la condusse alla corte, suo antico posto, che ne' campi di Santa Barbara lo hanno li cingani, pensando quivi meglio spacciare la sua mercanzia, per esser luogo dove tutto si compra e tutto si vende;
Arbor pregiato e caro
che sì tardasti in dar quel frutto al mondo
che li desiri del consorte amato
quasi spegnesti, e benché giusto e santo
dal tempio escluse santa antica lege,
sacrata ceca in cui
chi fabricò le stelle,
chi diede il lume al sole,
chi diede il moto a' cieli
quel divin conio fece e quella stampa
in cui carne mortale assunse il verbo.
Terra sterile e grata
che producesti infin quell'abbondanza
ch'ora sostenta l'universo tutto.
Madre di quella figlia
in cui già si compiacque
mostrar le sue grandezze il somo dio;
Anna, sollevatrice
delle miserie nostre e de' mondani
infortuni reffuggio unico e solo,
non sdegnate d'udir preghiere umili;
e quel poter pietoso, il qual avete
sovra la figlia in un, sovra il nipote,
per noi oprate, acciò che in ciel traslati,
se tanto ponno pur lingue mortali,
cantiam di compagnia gli encomi vostri,
i trionfi, le glorie e le grandezze.
Dio ti benedica, fanciulla.
Altro:
Che compassione che questa ragazzetta sia cingana; in verità ch'ella merita d'esser figlia d'un gran signore.
Alcuni altri più rozi e grossollani:
Lascino pur crescere questa rapace, ch'ella farà delle sue; affé, ch'in lei si va formando lo strascino per pescare li cuori.
Un altro ancora più goffo, più scioperato e balordo, vedendola nel ballo tanto leggiera li disse:
Là, o figlia, andate, amore, e pestate la polvere ben ben minuta, vedete.
Ed ella senza punto fermarsi li rispose:
Non dubitare ch'io la pestarò minuta minuta.
Si finì il vespro e la festa di Santa Anna, rimanendo Preziosa alquanto stanca ma però tanto celebrata di bella, d'accorta, di discreta e di eccellente ballarina che in tutta la corte d'altro non si parlava che di lei.
Fece d'indi a quindeci giorni ritorno a Madrid, accompagnata da altre tre fanciulle, con cembali e con un ballo novo, essendo ciascuna ben provista di canzonette nove ed allegre, però oneste, non acconsentendo mai Preziosa che quelle di sua compagnia le cantassero altrimenti ned essa mai ne cantò, che posta in considerazione da molti questa sua onestà la stimarono molto più.
Signori, se mi date quattro soldi io sola cantarò un'istoria in versi bellissima che tratta di quando la regina Margherita nostra signora, doppo levatasi di parto, in Vagliadolid andò a messa alla chiesa di San Lorenzo. Dico ch'ella è bella ed è composta da un poeta di numero come capitano di squadra.
Appena ebbe ciò detto quando quasi tutti quelli del circolo ad una voce dissero:
Cantala, Preziosa, cantala ed eccoti li miei quattro soldi.
Di modo che cominciarono grandinarli sopra li dinari, che la vecchia era stracca in raccoglierli. Finito poi il suo agosto e la sua vendemmia, ritoccò Preziosa il cembalo ed al suono corrente cantò li seguenti versi:
Doppo ch'esposto al mondo
ebbe d'Europa la maggior regina
pregiata perla il desiato parto,
lasciò le molli piume
Seguianla unite a schiera
l'alme de' risguardanti,
vaghe di rimirar sua pompa e zelo,
et ella per mostrare
d'esser in terra parte
del cielo, anzi il ciel tutto,
portò seco ad un lato
l'alba d'Iberia, e 'l sol dell'Austria all'altro.
E se là su son stelle
più risplendenti e vaghe
furno queste di quelle
e ogni aspetto divin benigno e grato,
poiché Saturno il vecchio
per soverchia allegria
divenuto veloce,
Cillenio innamorato,
pietosissimo Amore,
di pace amico Marte,
Febo appressato a Giove
sedean nel suo bel viso.
E acciò mirasse il mondo
e stupisse in un punto
Milano, India ed Arabia
co' drapi, con le gemme e con gli odori
seguendola li fero umil corona.
Scorse per ogni lato,
da sé scacciando il duolo,
ebra soverchiamente e quasi pazza
l'universal letizia.
Dischiuse a cento, a mille
il silenzio la bocca
mute preghiere; e i fanciulletti a gara
alzando al ciel le voci
seguiro il dir de' grandi,
vite feconda, e abbraccia l'olmo amato,
che in eterno ti sia ombra e sostegno,
per gloria di te stessa,
per onore di Spagna,
per appoggio di fede e per terrore
del nemico infedel, del gran motore".
Altri: "Vivi, o colomba,
che, mostro di natura, aquile altere
hai a produrci che col rostro adunco
in fuga volgeranno augei griffagni
e copriran con le grand'ali loro
le timide virtudi".
spargendo fuor dagli occhi e dalla bocca
segnali d'allegrezza:
"Questa perla gentile,
grand'Austria, che ci desti
quante machine rompe!
Quanti spegne desiri!
Quante infonde speranze!
Quanti accresce timori!"
Pervenne intanto al tempio
di chi di duo fuochi arse,
terreno il corpo e di celeste l'alma;
e dinanzi l'imagine di quella
ch'umile già gli astri or passeggia, a terra
chinata, così disse: "Ecco ti rendo
ciò che donato m'hai;
primizie de' miei frutti;
quali si sono prendi,
le conserva e migliora.
Ti raccomando il padre
ch'umano Atlante al peso
di tanti regni e region remote
si curva. E ben so io che, madre a quello
che il tutto fe' di nulla, il tutto puoi,
onde quanto ti chiedo umil, divota,
non negherai pietosa'.
Ciò detto al re del cielo
cantar gli uomini a prova inni diversi.
Finiti poi gli uffici e le reali
cerimonie divine,
al palaggio tornando, al primo giro
ritorno fe' questo mirabil cielo.
Appena diede fine Preziosa al suo cantare quando che quell'audienza tutta formando una sol voce disse:
Torna a cantare, Preziosella, torna, che farai de' soldi come della terra.
Più di ducento persone risguardavano il ballo ed ascoltavano il canto delle cingane, quando che nella fuga di detto ballo s'abbatté passare uno de' luogotenenti della villa e, vedendo tanta gente insieme accolta, richiese qual ne fosse la cagione
Preziosella, prendi questa carta ed apprendi a memoria la canzone che dentro vi è; e cantala, che è bellissima; e te ne darò dell'altre di mano in mano, di modo che verrai ad acquistarti fama della maggior cantatrice del mondo.
Molto volontieri l'apprenderò disse Preziosa e di grazia, signore, avvertite a non mancarmi dell'altre, con patto però che siano oneste, e se vorrete che io ve le paghi si accordaremo a dozzina, e così dozzina cantata e dozzina pagata, perché il pensare ch'io le abbia a pagare avanti tratto è un pensare l'impossibile.
Per canzone disse il paggio altro non voglio che la grazia della signora Preziosa, non entrando in conto quelle che non saranno buone ed oneste.
Ma che a me stia il farne la scelta soggiunse Preziosa.
Così dicendo passarono avanti e da una finestra alcuni gentiluomini chiamarono le cingane.
Vogliono darmi la buona mano, cignori disse Preziosa che come cingana balbettava; e questo è in loro artificio e non naturalezza.
Alla voce di Preziosa ed alla bellezza del suo volto lasciarono li giuocatori il giuoco e li passeggianti il passeggiare, facendosi tutti alla finestra per veder lei che di già conoscevano per fama; e dissero:
Entrino, entrino le cinganette, che qui li daremo la buona mano.
Cara ci costerebbe la buona mano, se poi entrate ci pizzicassero rispose Preziosa.
Entra pure sicura, fanciulla soggiunse uno di loro, che io ti prometto da cavaliere e si pose la mano sopra la croce di Calatrava che nissuno ti toccherà neanco la suola delle scarpe.
Se tu vuoi entrare disse una delle cinganette a Preziosa, entra tu sola, che io non voglio entrare dove sono tanti uomini.
Avverti, Cristina così era il nome dell'altra, che ti devi guardare da un uomo solo, ed in segreto, e non da tanti, perché anzi l'essere molti leva il timore e la paura d'essere offese;
Entriamo dunque rispose Cristina, che tu sai più che un savio.
Li fece animo la cingana vecchia, sì che tutte entrarono; ed appena ebbe Preziosa posti i piedi in sala che il cavaliere che giurato aveva alla finestra li vide la carta piegata nel seno e togliendogliela cominciò ella a corrucciarsi, dicendo:
Non me la prendete, signore, che è una canzone che or ora mi è stata data né l'ho ancor letta.
E sai tu leggere, figlia? disse un altro.
Et anco scrivere rispose la vecchia, perché io ho allevata mia nipote come che fosse figlia di un dottore.
Aperse la carta il cavaliere e vide che dentro vi era uno scudo d'oro e disse:
Affé che questa carta ha dentro il porto; prendi questo scudo, che viene nella canzone.
Per certo disse Preziosa che questo poeta mi ha trattata da povera; ed invero è più miracolo che un poeta mi dia uno scudo che che io lo riceva. Se con questa giunta hanno da venire tutte le sue canzoni, trascriva tutto il Canzoniero generale e me le invii ad una ad una, che li toccherò il polso e se saranno dure sarò io tanto più molle nel riceverle.
Meravigliati restarono delle parole della cinganetta, tanto per essere discrete, quanto per la grazia con che le diceva.
Legga, v. s., e legga ad alta voce perché vediamo se questo poeta è tanto ingegnoso quanto liberale.
La lesse il cavaliere, che diceva così:
Famosa cinganetta, che di bella
e di scaltra in amore
puoi darti vanto e onore,
quanto cruda e spietata
riverita da me, tanto ed amata,
perché d'amor rubella
ti scorge il mondo e quasi pietra dura
sai schermire i suoi strai, farti sicura
quasi gioia d'amor, cote amorosa.
Deh, come fra capanne e gente umile
nodrissi tal bellezza,
nacque tal gentilezza?
O come dentro l'acque
il Manzanare umil servarti piacque?
Per te appo lui fia vile
l'Hermo, l'Indo, il Pattolo, il Tago, il Gange
e l'altro, in cui Fetonte il sol ne piange;
né l'Ocean famoso
avrà a sdegno il di lui tributo ondoso.
La lor ventura ad ogni passo dici,
a ogni momento a tutti;
ma quai di lei son frutti,
se la trista mai sempre
han poi che gli ange in dolorose tempre?
Son maghe e incantatrici
l'altre compagne tue che con parole
togliono il giro al ciel, il corso al sole;
ma tu cogli occhi belli,
maga d'amor, sogetti i cor rubelli.
Con centomille modi incanti e leghi,
o parli o canti o taci,
ritorni o vadi o giaci
sempre riporti palme
di cor vinti e sogetti e di pres'alme.
Né pon lagrime o prieghi
il nodo scior, ch'aspe crudel l'incanto
non senti dei sospir, non vedi il pianto;
e ben n'han fatto prova
quest'alma e questo cor ma nulla giova.
Questi quali si sono
scoretti versi e mal dettate rime,
in cui t'adombra il bel ma non l'esprime,
a le tue luci sante
sacra povero sì ma fido amante.
In "povero" finisce l'ultimo verso disse Preziosa, mal segno, poiché gli innamorati mai devono dire di esser poveri, essendo che la povertà è molto nemica dell'amore.
Chi ti insegna questo, ladra? disse uno.
E chi me lo ha da insegnare? rispose lei Non ho io anima nel corpo? Non ho di già compiti li quindici anni? E grazia al cielo, non sono schiancata o storpiata d'ingegno.
Suspese la cinganetta con le sue parole li circostanti, di modo che quelli che giocavano li diedero la buona mano, come anco quelli che non giocavano.
Di già era avisata donna Clara, moglie del luogotenente, della venuta delle cinganette; e così le stava aspettando insieme con le sue donzelle e donne di casa, con quelle di una signora sua vicina, più che l'acqua di maggio;
Questi sì che si possono dire capelli d'oro, questi sì che sono occhi di smeraldo.
La signora sua vicina tutta da capo a piedi la contemplava e faceva un intingolo de tutti li suoi membri e congiunture; e venendo a lodare una picciola fossetta che nell'estremità del mento ella aveva disse:
Ahi che in questa fossetta hanno da inciampare tutti quegli occhi che la miraranno.
Sentì questo uno servidore da braccio della signora donna Clara, che era presente, uomo di lunga barba e di molt'anni, e disse:
V. s. addimanda questo segno fossa? Io quanto a me non m'intendo di fosse ma dicovi bene che più tosto egli è sepoltura de desiri che fossa. Affé che tanto è bella questa cinganetta che, fatta d'argento o di confetto, non potrebbe esser migliore. Sai dire la buona ventura, figlia?
Di tre o quattro maniere rispose Preziosa.
E d'avantaggio soggiunse la signora donna Clara; e per vita del luogotenente mio marito che me le hai da dire, figlia mia d'oro, figlia mia d'argento, figlia mia di perla, figlia mia di carbonchio e figlia mia del cielo, che è lo più che posso dire.
Le diano pure la mano disse la vecchia e con che faccia la croce e vedranno che cosa ella è per dire, perché sa più di un dottore di melecina.
Pose mano alla borsa la signora né vi ritrovò cosa alcuna,
Tutte le croci, in quanto sono croci, sono buone ma quelle d'oro e d'argento prevagliono all'altre; ed il segnare la mano con moneta di rame sappiano le signorie vostre che diminuisce la buona ventura, almeno la mia; quindi è che ho preso tanta affezione alle croci d'oro e d'argento che mai vorrei farle altrimenti, essendo io della natura de' sacristani che si rallegrano se hanno buona offerta.
Per certo che sei molto graziosa, figlia disse la signora vicina.
E rivoltasi allo servidore disse:
Voi, Contrera, averete alle mani qualche reale da quattro, datemelo, che ritornando il medico mio marito a casa ve lo farò subito restituire.
L'ho per certo rispose Contrera; ben è vero che l'ho impegnato per ventidue quattrini poiché cenai iersera fuori; se mi diano detti quattrini che correrò volando per esso.
Non abbiamo fra tutte un soldo e voi chiedete ventidue quattrini soggiunse donna Clara; andate che foste sempre uno sciocco.
Una donzella delle presenti vedendo la sterilità della casa disse a Preziosa:
Fanciulla, importerà molto il fare la croce con un ditale di argento?
Anzi rispose Preziosa si fanno le migliori croci del mondo con ditali di argento come che siano molti.
Uno n'ho io soggiunse la donzella, se questo basta eccolo; con patto però che a me anco abbi a dire la buona ventura.
Oh oh per un ditale tante buone venture disse la cingana vecchia, nipote finiscila che si fa notte.
Prese Preziosa il ditale e la mano della signora moglie del luogotenente e disse:
Signora gentilina
ch'hai le mani d'argento,
più t'ama tuo marito
del re dell'Arpusciara,
sei senza fiel colomba,
però alle volte fiera
sei più di una leona
Ma tosto poi ti passa
quello che ti disturba
e resti umile e dolce
come zuccaro o agnella.
Poco mangi e assai ridi,
sei alquanto gelosa
che il marito è un burlone
che appoggia la bacchetta.
So che amata donzella
fosti da un giovinetto
ma rotte fur le nozze
per cagion de' sensali.
S'eri monaca a caso
saresti or l'abbadessa;
e lo dimostran queste
linee sì spesse e lunghe.
Non te lo voglio dire;
ma non importa; ascolta,
vedova rimarrai
et avrai tre mariti.
Non piangi, o mia signora,
perché tutte noialtre
non sempre il ver diciamo.
Non piangi e ti consola,
che non morendo prima
di quanto starai sola.
Sarai erede, e presto,
de beni in abbondanza.
Un figlio avrai canonico
ma non so di qual chiesa.
Non fia già di Toleto;
avrai anco una figlia
sarà anch'essa prelata.
Se il tuo sposo non muore
fra quattro settimane
sarà governatore
Questo è un neo; oh quanto è bello.
Ahi, Giesù, che luna chiara,
illumina e rischiara.
So che più di due ciechi
darian più di duo soldi
per vederlo. Qui è il rischio
in questa ch'or ti mostro.
Guardati da cadute
principalmente indietro,
che son pericolose
a dame principali.
Altre cose ho che dirti,
se aspetti il mio ritorno,
fra quai molte di gusto
ne son, molte di doglia.
Finì Preziosa di dire la buona ventura e con essa accese il desio delle circonstanti di sapere ciascuna la sua, della qual cosa ne la pregarono, però ella disse che aspettassero fino il venerdì seguente, promettendoli esse che avrebbero avuto reali di argento per far le croci.
Per certo che io non ho moneta; date voi, signora donna Clara, un reale a Preziosella, che io ve lo renderò poi.
Buono per mia fé, signore; ecco il reale che abbiamo; questo ve lo manifesta; non abbiamo fra tutte avute un soldo per fare il segno della croce e v. s. vole che abbiamo un reale?
Datile adunque soggiunse lui un vostro collarino o qualche altra cosetta, perché ritornerà Preziosa a vederci un altro giorno e la regalaremo poi meglio.
Al che rispose donna Clara:
Anzi, perché ella ritorna un'altra volta non voglio darli cosa alcuna.
Si ingannano soggiunse Preziosa, perché se non mi danno qualche cosa mai più metterò li piedi in questa casa; e se pure ritornassi a servire signori così principali supporò di aver riceputo e così risparmierò la fatica di aspettare.
Così dicono e lo fanno d'avantaggio quelli che sono senza conscienza rispose il luogotenente; ma il giudice giusto non ha che pagare sindicazione alcuna; e l'avere bene amministrato il suo uficio è il vero mezzo per avere delli altri carichi.
Parla v. s. come santo rispose allora Preziosa; camini per questa strada che li taglieremo de' stracci per reliquia.
Sai molto, Preziosa disse il luogotenente, taci che io farò di modo che s. m. ti veda, perché sei cosa da re.
Mi voranno per buffona rispose lei ned io saprò essere tale, sì che il tutto sarà invano;
Ehi là, figlia disse la cingana vecchia, taci, non parlar più, che hai detto d'avantaggio e sai più di quello che io t'ho insegnato; non ti assotigliare tanto, perché non ti spunti; parla di quello che la tenerezza de' tuoi anni comporta né ti mettere in certe altezze, poiché niuna di loro ve n'è che non minacci caduta.
Hanno il diavolo nel corpo queste cingane disse allora il luogotenente.
E in questo si dispedirno da lui e dalle due signore quando la donzella del ditale, fattasi da Preziosa, li disse:
Dimmi la buona ventura, overo ritornami il mio ditale, perché senz'esso non posso lavorare.
Alla quale rispose lei di questa maniera:
Signora donzella, fatte conto di averla sentita e provedetevi di altro ditale, overo non lavorate fino a venerdì che viene, che ritornando vi dirò più venture ed aventure di quelle di un libro di cavalleria.
Così partironsi e si accompagnarono con le molte contadine che all'ora dell'a. v. sogliono uscire di Madrid per ritornare alli loro casali e fra le altre alcune ve n'aveva con le quali sempre si accompagnavano le cingane ed andavano sicure, poiché la vecchia del continovo viveva timorosa non li fosse assalita e tolta la sua Preziosa.
Occorse poi che un giorno di mattina mentre andavano a Madrid con le altre cinganette a riscuotere la solita gabella, in una picciola valle che prima che si arriva alla città è distante da cinquecento passi viddero un disposto giovane riccamente vestito da viaggio,
Per vita vostra, amica, pregovi che mi facciate un piacere, cioè che voi e Preziosa mi ascoltate due parole a parte le quali vi saranno di non poco utile.
Come non andiamo molto fuori di strada né si trattenniamo molto, sia in buonora rispose la vecchia.
E chiamando Preziosa, si allontanarono dall'altre da venti passi incirca e così in piedi com'erano incominciò il giovane:
Io vengo di maniera reso alla prudenza e bellezza di Preziosa che, dopo di aver fatto a me stesso molta forza per non venire a questo punto, finalmente mi sono ritrovato più preso ed imposibilitato lo scusare di non venirvi.
Mentre che il cavaliere questo diceva rimiravalo Preziosa con molta attenzione, e senza dubbio che non li dovevano parere male queste sue ragioni, come neanco li doveva parere la sua persona, così rivoltasi alla vecchia li disse:
Perdonatemi, avola mia, se mi prendo licenza di rispondere a questo innamorato signore.
Alla quale rispose la vecchia:
Di' quanto vuoi, nipote, che io so che sei prudente a bastanza.
Il che inteso dalla fanciulla disse al cavaliere:
Io, signor mio, benché sia una povera cingana umilmente nata, rinchiudo però qui dentro uno certo spiritello fantastico che a cose grandi mi solleva;
Rimase attonito il giovane alle parole di Preziosa mettendosi come stupido a rimirare la terra, dando segno di considerare la risposta,
Non è cosa, signore, questa di sì poco momento da risolvere in piedi né il tempo ce lo concede;
Il cavaliere allora, come che da sonno levatosi, così li rispose:
Quando il cielo, Preziosa mia, mi dispose ad amarti, determinai di fare tutta la tua volontà, benché mai mi cadde in pensiero mi avessi a chiedere quello che ora mi chiedi;
Oh questo no, signor mio, questo no rispose Preziosa, sappia v. s. che meco sempre ha da venire la mia libertà libera, senza che la turbino o la affoghino ombra o pensieri di gelosia; ma sappia ancora che però non così larga prenderò questa libertà che chiaramente non traluca arrivare la mia onestà alla mia destrezza; ed il primo carico che mi piace darvi è quello della confidanza verso di me,
Hai il diavolo nel corpo, figlia disse la cingana vecchia, mira che dici cose che non le direbbe un collegiato di Salamanca. Ti intendi d'amore, di gelosia, di confidanza, come va questo, che mi fai rimanere stupida e ti sto ascoltando come una persona spiritata che parla latino senza saperlo.
E tacete, avola mia rispose Preziosa, che quanto mi sentite dire è un nulla, sono cose di burla rispetto a quelle di maggior sostanza che restano in me.
Quanto diceva la cinganetta e quanto mostrava di prudenza era un accrescere legna al fuoco che ardeva il petto dell'innamorato cavaliere;
Taci, figlia, che il maggior segno che questo cavaliere ha dato dell'essersi reso è l'averci consignate l'armi, aggiungendosi che il donare in qualunque occasione si sia sempre fu segnale di animo generoso,
Per vita della signora avola mia, ch'ella non adduca più ragioni per restarsi con li cento scudi rispose Preziosa né allega tante leggi che quasi mandano a terra le imperiali. Restasi pure con li dinari, che buon pro li facciano, e prego il cielo li dia sepoltura tale che mai più vedano il sole né abbino occasione di vederlo.
Così vedranno esse soggiunse la vecchia di questi dinari come adesso veggono il turco. Questo signore vedrà se li è rimasto qualche moneta d'argento e gliela compartirà, che con ogni poca cosa restaranno contente.
Sì n'ho disse il giovane e tosto cavò fuori tre reali da quattro che diede alle tre cinganette, restando esse più allegre e sodisfatte di quello che suole un auttore di comedia quando in competenza con altro li sogliono mettere sopra li cantoni cartelli con il moto: "Victor, victor".
In risoluzione concertarono, come abbiamo detto, la venuta d'indi a otto giorni, dandoli allora per lo avenire, fatto che fosse cingano, il nome di Andrea il Cavaliere; e questo per farlo differente dagli altri cingani similmente appellati con questo nome.
Preziosa, più tosto affezionata alla dispostezza e presenza di Andrea che stimolata da amore, bramava informarsi di quanto esso gli aveva detto, così entrata in Madrid non ebbe caminato molte strade che s'incontrò nel paggio della canzone, con lo scudo, il quale, vedutala ed appressatolisi, le disse:
Vieni in buonora, Preziosa, bene leggesti la canzone che ti diedi l'altro giorno?
Alle quali parole rispose Preziosa:
Prima che li risponda cosa alcuna mi ha da dire una verità per vita di chi più v. s. ama.
Scongiuro è questo disse il paggio che, abenché il dire questa verità mi costasse la vita, ad ogni modo sono sforzato a dirla.
La verità dunque ch'io bramo sapere seguì Preziosa è che voi mi dichiate se sete poeta.
A somma ventura soggiunse il paggio necessariamente bisogna attribuire l'essere poeta; però devi sapere, Preziosa, che questo nome di poeta pochi lo mertano, così io non sono tale ma sì bene uno affezionato alla poesia; e per quello che mi fa bisogno non vo mendicando i versi altrui. Quelli che già ti diedi sono miei, come anco lo sono questi che ora ti do; ma non per questo sono poeta né Dio il voglia.
È tanto male l'essere poeta? replicò Preziosa.
Non è male disse il paggio, però l'essere poeta solamente non l'ho per cosa molto buona.
Con questo però ho sentito dire disse Preziosa ch'ella è poverissima e che tiene alquanto della mendica.
Anzi repplicò il paggio, è tutto il contrario poiché non hai poeta che non sia ricco accontentandosi ciascuno del suo stato, filosofia che pochi arrivano a saperla. Però chi ti ha mosso a farmi questa dimanda?
Mi ha mosso rispose Preziosa che tenendo io tutti li poeti per poveri mi cagionò meraviglia quello scudo d'oro che insieme con versi mi donaste; ma adesso che m'avete chiarita che non siete poeta ma solo uno affezionato alla poesia, potrebbe essere che foste ricco, benché vi ho dubbio, a causa che mentre dispensate il tempo in comporre spendete quanto avete, non essendovi poeta, conforme dicono, che non solo sappia guadagnare ma neanco conservare il guadagnato.
Ora io non sono di questi repplicò il paggio; fo versi né sono povero né ricco e ben posso senza sentirne né dibatterlo ne' conti come fanno i genovesi i loro banchetti dare uno scudo e due a chi più mi piace.
Ciò dicendo le diede una carta e tentandola Preziosa trovò che dentro veniva lo scudo, onde disse:
Questa carta ha da vivere molt'anni avendo seco due anime, quella dello scudo e l'altra de' versi che sempre sono pieni d'anime e de cuori.
Se così è rispose il paggio, vuoi dunque, Preziosa, ch'io sia povero per forza? Non riffiutare almeno l'anima che in questa carta ti invio e ritornami lo scudo, che toccato dalle tue mani lo terrò per reliquia mentre avrò vita.
Così fece Preziosa restando con sola la carta che in istrada non volle leggere,
Salite, fanciulle, che qui vi daranno elemosina.
Corsero a questa voce al balcone altri tre cavalieri, fra' quali era l'innamorato Andrea, il quale vista Preziosa perdé in un subito il colore e quasi che anco i sensi, tale fu l'alterazione che ricevé della sua vista.
Questa senza dubbio deve essere la bella cinganetta che dicono andare per Madrid.
Senz'altro è dessa soggiunse Andrea e senza dubbio ch'ella è la più bella creatura che si abbia mai visto.
Così dicono disse Preziosa che il tutto nell'entrare aveva sentito ma affé s'ingannano nella metà del giusto prezzo;
Per vita di don Giannettino mio figlio replicò il vecchio, che anco sei più bella di quello dicono, cinganetta graziosa.
E chi è questo don Giannettino suo figlio? richiese Preziosa.
Questo giovane che vi è a lato rispose il cavaliere.
In verità seguì Preziosa che io pensava che v. s. giurasse per vita di qualche fanciulletto di due anni. Mirate che don Giannettino e che bamboccio. Per mia fé che già dovrebbe essere maritato; ma per quanto mi mostrano alcune linee nella fronte non passeranno tre anni che lo sarà e, quello che più importa, a suo gusto, se però da adesso fino allora non si cangia di proposito o muta pensiero.
Basta disse uno de' circonstanti, che la cinganetta si intende di linee.
Quando le altre tre fattesi in un cantone della sala ed appressatesi a bocca chiusa, per non essere sentite, disse Cristina:
Figliuole, questo è quel cavaliere che ci diede questa mattina li tre reali da quattro.
Così è dissero l'altre, però non ce lo raccordiamo, non sapendo se forsi volesse nascondersi.
Mentre questo fra le tre cinganette passava rispose Preziosa a quello delle linee:
Ciò che veggo cogli occhi indovino con il dito. Io so del signor don Gioannetto, senza linee, ch'è alquanto innamorativo, impetuoso, acelerato e promettitore di cose che paiono imposibili; e Dio voglia che non sia bugiardetto, che sarebbe il peggio.
Alle quali parole rispose don Gioanni:
Invero, cinganetta, che molte cose hai detto circa la mia condizione, però in quello dell'essere bugiardo vai molto fuori di strada, poiché mi pregio di dire la verità sopra ogni cosa.
Taccia, taccia, signorino, e raccomandasi a Dio che il tutto passerà bene; e di più sappia che io non so niente di quello che dico, perché non è maraviglia, come ch'io parla molto e confuso, se alcune volte do in segno, il che ora vorrei poter fare in persuaderti che non ti partissi, acquetandoti e fermandoti con li tuoi genitori affine di darli buona vecchiezza, non istando bene queste andate e tornate a Fiandra, principalmente a giovane di sì tenera età come sei tu. Cresci ancora un poco, acciò sii abile a soportare i travagli della guerra, tanto più che assai guerra hai in tua casa e molti amorosi combattimenti ti assaltano il petto.
In quanto hai detto rispose don Gioanni, dico che hai detto bene, fuori che ne l'aver temenza ch'io non sia veridico, ingannandoti assai in questo, poiché la parola ch'io do in campagna mantengo nella città e dov'essere si voglia, senz'esserne richiesto, non potendosi pregiare di cavaliere chi partecipa del vizio della bugia.
Ciò sentendo Cristina a bocca chiusa come l'altra volta disse all'altre cingane:
Ah fanciulle, poss'io essere uccisa, se non lo dice per quelli tre reali da quattro che ci diede questa mattina.
Non può essere rispose una dell'altre, poi che ha detto ch'erano dame e noi non siamo tali, aggiungendosi che essendo egli così veridico come dice non avrebbe in questo detto una bugia.
E non è bugia di considerazione quella che si dice senza pregiudizio del terzo ed in utile e credito di chi la dice.
Salì in questo la cingana vecchia e disse:
Nipote mia, finiscila che è tardi e vi è molto che fare e più che dire.
Et che hai, avola richiese Preziosa, figlio o figlia?
Figlio rispose la vecchia e molto galante; vieni, Preziosa, che udirai meraviglie vere.
Dio voglia che non muoia disse Preziosa.
Si avrà cura al tutto replicò la vecchia, tanto più che fino adesso tutto è stato parto naturale e l'infante è come un oro.
Ha partorito alcuna signora? richiese il padre di Andrea.
Sì signore rispose la vecchia; però il parto è stato tanto segreto che, fuori che Preziosa, io ed un'altra persona, alcuno non l'ha saputo; così non potiamo dire chi ella sia.
Né noi vogliamo saperlo; però, sgraziata lei che in vostre lingue ha depositato il suo segreto e nel vostro aiuto ha posto il suo onore.
Non tutte siamo triste rispose Preziosa e forsi che fra noialtre evvi alcuna che si pregia di segretezza e verità quanto il più stimato cavaliere che sia in questa sala; ma andiamo noi, avola, poiché qui ci tengono in sì vil conto, non essendo noi ladre né importunando con il chiedere ad alcuno.
Non vi turbate disse il padre di Andrea, che almeno di voi non si può presumere cosa mala e la vostra buona ciera vi acredita e ci fa sicuri delle vostre buon'opere;
Appena ciò sentì la vecchia che disse:
Su fanciulle, succignetevi e date contento a questi signori.
Prese Preziosa in mano il cembalo e le altre insieme girando fecero e disfecero più volte i lacci del ballo, con tanta grazia e leggiadria che portavano ne' piedi gli occhi di quanti le miravano, spezialmente quelli di Andrea che fra' piedi di Preziosa non altrimenti che in loro centro posavano; però non andò guari che tanta gloria se li converse in inferno; e questo fu che nella fuga del ballo cadde a Preziosa di seno la carta dattali dal paggio, la quale veduta da quello che in mal concetto teneva le cingane subito fu levata di terra ed apertala disse:
Buono, per mia fé, un sonettino abbiamo quivi; cessi il ballo ed ascoltinlo, che se conforme al primo verso corrispondono gli altri da vero che non è punto da goffo.
Rincrebbe a Preziosa questo, per non sapere il contenuto, però pregò con istanza che non lo leggessero e glielo ritornassero, il che era all'innamorato Andrea uno sprone che maggiormente lo stimulava ad ascoltarlo; finalmente il cavaliere lo lesse; ed era questo il sonetto:
Quando il cembalo suo Preziosa tocca
ed intorno col suon l'aura ferisce
sparge la bella man, sparge la bocca
perle e fiori, onde il suol s'orna e fiorisce.
Ogni alma, ogni pensiero ebro trabocca
di gioia a sì dolc'atto, e ne languisce,
e sua fama inalzando il cielo tocca,
onde che fatto immoto anch'ei stupisce.
Son cari lacci i lunghi aurei capelli
con che l'anime lega e a' piedi suoi
tien resa amor e la faretra e l'arco.
Rischiara e accieca co' suoi occhi belli,
per loro ha impero amor sopra di noi,
per lor d'ambizion va altiero e carco.
Affé disse quello che lesse il sonetto che questo poeta è grazioso.
E che non è poeta, signore disse Preziosa, ma un paggio molto da bene e galante.
Pensate a quello che avete detto, Preziosa, ed a quello che siete per dire, poiché queste non sono lodi del paggio ma lancie che trapassano il cuore ad Andrea che le ascolta; che sia vero, rivolgete gli occhi; e lo vedrete svenuto sopra quella sedia con i sudori della morte; non pensate, fanciulla, che sì di burla sia l'amore di Andrea poiché ogni vostra minima innavertenza lo ferisce e lo amazza. Appressatevi a lui in buonora e ditteli qualche parola all'orecchio che vadi dritta al core, sì che lo ritorni in sé stesso. Altrimenti andate pure tutto il giorno a buscare sonetti in vostra lode, che vedrete quale ve lo renderanno.
Che hai, don Gioanni, che di questa maniera ti veggo?
Ma Preziosa in un subito fattasi inanti disse:
Lasciate, signori, che io li dica alcune mie parole all'orecchio e vedrete che non isvenirà.
Così, fattolesi presso, li disse quasi senza mover le labbra:
Che animo gentile per cingano; come potrete soffrire, o Andrea, il tormento che si dà col velo, se non sete bastante a soportare quello di una carta?
Poi facendoli mezza dozzina di croci sopra il cuore si partì da lui ed Andrea respirò alquanto, dando ad intendere che le parole di Preziosa li avessero giovato. Finalmente il doppione di due faccie fu dato a Preziosa, la quale disse alle compagne che, cangiatolo in moneta, lo averebbe loro partito nobilmente;
torna in te, non vaneggiare
e incominciati ad armare
della pazienza sola.
Intanto affretta
la diletta,
benedetta
confidanza;
né t'inchina a pensier vili, che cose
vederai miracolose,
mediante
San Cristoffano gigante.
Con la metà di queste parole che li dicano, e con sei croci che li facciano sopra il cuore, resterà la persona che averà vertigini di capo disse Preziosa come un pomo.
Quando la vecchia sentì l'incantesimo e l'inganno, rimase stupida e molto più lo restò Andrea, considerando essere questa invenzione del suo acuto ingegno.
Signor mio, ogni giorno di questa settimana è prospero per partita né ve n'ha alcuno d'infausto; appresti lo andarsene il più presto che sia possibile, che lo aspetta una vita larga e libera, tutta gustosa, se brama di accomodarvisi.
Eh non è sì libera la vita del soldato rispose Andrea, Preziosa mia, che non abbia molto più della soggezione che della libertà; ad ogni modo, farò come vedrò.
Più vedrete di quello vi pensate soggiunse Preziosa; ed Iddio sia quello che vi leva e conduca con bene, come merita la buona presenza vostra.
Con quest'ultime parole rimase contento Andrea e le cingane contentissime si partirono, cangiando il doppione in moneta e dividendolo fra tutte ugualmente, benché la vecchia di tutto quello si buscava aveva sempre una parte e mezza; e questo per esser lei privilegiata, di maggioranza, come anco per essere l'ago della busola, mediante il quale si guidavano nel mare magnum de' suoi balli, de' suoi giuochi e de' suoi inganni.
Venne finalmente il giorno che Andrea il Cavaliere comparve la mattina nel luogo dove prima comparve sopra una mula da vettura senza alcun servidore, nel qual luogo ritrovò Preziosa e l'avola sua, le quali conosciutolo lo riceverono con molto gusto.
Questa si potrà vendere giovedì in Toleto.
Oh questo no rispose Andrea, perché non vi è mula da vettura che non sia conosciuta da quanti vetturali vanno per Spagna.
Per Dio, signor Andrea disse uno di loro, che se la mula avesse più segnali di quelli che hanno da prevenire il giorno del giudizio qui la trasformaremo di modo che non la conoscerà la stessa madre che la partorì né il padrone che l'ha allevata.
Con questo però replicò Andrea per questa volta si ha da seguire e prendere il mio parere;
O gran peccato disse un altro cingano, adunque s'ha da levare la vita a questa innocente? Eh non dica questo il buono Andrea, ma faccia una cosa; miri bene questa mula e la consideri di modo che tutti li segnali di lei li restano stampati nella memoria, poi la consegni a me; e se fra due ore non gliela ritorno in modo che più non la riconoscerà possa essere inlardato come un moro fuggitivo.
In nessuna maniera acconsentirò disse Andrea che questa mula viva, perché temo di essere scoperto, se la terra lei non ricopre;
Poi che così vuole il signor Andrea Cavaliere disse un altro cingano, muoia la misera senza colpa e Dio sa quanto mi pesa, sì per la sua gioventù, non avendo ancora mutati li denti, cosa insolita in quelle da vettura, quanto che deve ben caminare, non avendo alcuna crosta ne' fianchi né piaga de' sproni.
Si dilatò fin alla notte la morte dell'infelice mula e nell'avanzo del giorno si fecero le cerimonie dell'entrata di Andrea per essere cingano, che furono: dispacciarono subito uno de' ridotti, ed il meglio del luogo, adornandolo di rami e di giunchi odorifferi nel quale, facendo assentare Andrea sopra un mezzo sughero, li diedero in mano un martello ed una tenaglia ed al suono di due ghitarre, che due cingani sonavano, li fecero fare due capriole; poi nudandoli un braccio con un cinto di seta nuova ed un bastone ritorto li diedero due volte attorno legandoglielo leggiermente e con piacevolezza,
Questa fanciulla, ch'è il fiore ed il meglio della bellezza delle cingane di Spagna, ti consegnamo per isposa o per amica, come più ti agrada, dandoti in questo libertà di seguire il tuo gusto, poiché la libera e larga nostra vita non è sogetta a ritrosie né a molte cerimonie.
Diede fine nel dir questo l'eloquente vecchio ed il novizio soggiunse che si rallegrava di saper così lodevoli statuti e che pensava di professarsi in quell'ordine fondato con sì fine ragioni e politica, dolendoli solo non aver prima di allora avuto notizia di sì lieta e gioconda vita, rinunciando da quel punto la cavalleria e la gloria dell'illustre suo legnaggio, mettendo ogni cosa sotto il giogo o, per meglio dire, sottoponendo il tutto alle legi con ch'essi viveano, poiché con sì alta ricompensa li sodisfacevano il desio di servirli concedendoli la bella Preziosa, per la quale avrebbe lasciato corone ed imperi o solo desiderandoli per servirla.
Posto che questi signori legislatori hanno trovato nelle loro legi che sono tua e che per tale mi ti hanno consignata, io ho trovato per la lege della mia volontà, ch'è la più forte dell'altre, che non voglio esser tale se non con le condizioni fra noi, prima che tu venissi in questo luogo, concertate. Due anni hai da vivere in nostra compagnia prima che tu possi godere della mia e questo acciò che tu non ti abbi a pentire di leggerezza né io resti ingannata per troppo fretta. I patti rompono le legi; li fra noi concertati sai quali sono, se vorrai osservarli potrà essere che io sia tua e che tu sii mio; caso che no, la mula ancor non è morta, i tuoi vestiti sono intieri e de' tuoi dinari non manca pure un bagattino;
Questi signori ben possono farti padrone del mio corpo ma non già dell'anima che nacque libera ed ha da essere libera quanto io vorrò.
Hai ragione, Preziosa disse Andrea, così, se vuoi che io assicuri i tuoi timori e diminuisca i tuoi sospetti giurandoti che non uscirò punto delli ordini che mi darai, vedi che giuramento vuoi ch'io faccia o che altra sicurezza posso darti maggiore, che sono prontissimo a sodisfarti.
I giuramenti e le promesse che fa il prigione perché lo mettano in libertà poche volte hanno il loro compimento con essa disse Preziosa e così penso siano quelli dell'amante che per conseguire il suo desio prometterà l'ali di Mercurio ed i raggi di Giove, come a me promesse un certo poeta e giurava per la palude Stigia.
Sia come vuoi rispose Andrea, solo una cosa voglio da questi signori e miei compagni ed è che non mi sforzino a rubare cosa alcuna per il termine di un mese, parendo a me che non così di facile potrò riuscire perfetto ladro, se non precedono molte lezioni.
Taci, figlio, tacci disse il cingano vecchio, che qui ti amaestraremo di modo che sarai un'aquila nel mestiere ed appreso che l'averai hai in modo di gustare d'esso che ti leccaria le dita facendolo. È forsi cosa da burla uscir vuoto la mattina e ritornare carico la sera al ridotto?
Di bastonate ho io veduto ritornare alcuno di questi che si partono vuoti.
Non sempre si piglia trutta, etc. replicò il vecchio. Tutte le cose di questa vita sono sogette a diversi pericoli e le azioni del ladro sono sogette alla frusta, alla galera ed alla forca; però non perché un naviglio corra borrasca o si annega hanno gli altri da lasciare la navigazione. Sarebbe bella che, perché la guerra divora gli uomini ed i cavalli, non si trovasse che volesse essere soldato,
Adunque per ricompensare il danno disse Andrea di questo tempo che mi si dà di venia in non rubare voglio far communi ducento scudi, che ho meco, a tutti quelli dell'accademia o confraternita.
Il che appena fu sentito che, correndoli sopra molti cingani ed inalzandolo sopra le braccia e sopra gli omeri, gridavano: "Vincitore, vincitore Andrea", agiungendo: "E viva Preziosa sua amata gioia",
Venne la notte, uccisero la mula e la soterrarono di modo che rimase Andrea più che sicuro di non essere per lei riconosciuto, soterrando insieme li suoi fornimenti come sella, briglia e cinte, alla usanza degli indi che sepelliscono seco le loro più ricche cose.
Rimase Andrea più che admirato di quanto aveva visto e sentito dell'ingegno de' cingani, con proposito di seguire la incominciata impresa, senza intromettersi punto ne' loro costumi od almeno schifarli più che fosse possibile, pensando absentarsi dalla iurisdizione de' loro comandi nelle cose ingiuste, a proprie spese;
Passava Andrea con Preziosa il tempo in onesti, discreti ed amorosi raggionamenti, innamorandosi essa a poco a poco della prudenza e buon termine di lui, crescendo per lo contrario verso di lei, se pure avesse potuto accrescersi, l'amor di lui, tal era l'onesta prudenza e bellezza di Preziosa.
Accadde poi che, avendo gli alloggiamenti fra certi lecci in disparte alquanto dalla strada reale, sentirono una notte, circa il mezzo d'essa, latrare i cani più forte dell'ordinario; uscirono alcuni cingani, e fra essi Andrea, per veder che fosse e rittrovarono un uomo vestito di bianco che da due di essi si diffendeva, quali lo avevano preso in un piede; arrivarono essi e glielo tolsero dalla bocca, dicendo poi a lui:
Che diavolo vi ha portato qui a quest'ora? E tanto fuori di strada? Venite a rubarci a sorte? Se per questo venite invero sete arrivato a buon porto.
Non vengo a rubare rispose il morsicato né so se io sia fuori o dentro di strada, benché per quanto io veggo purtroppo sono fuori del giusto camino;
Non vi è luogo né albergo donde potessimo incaminarvi rispose Andrea ma per curare le vostre ferite ed alloggiarvi questa notte non mancherà commodità nel nostro ridotto.
Iddio la usi con voi rispose lui; conducetemi pure donde volete, che il dolore di questo piede mi dà molto dolore.
Fecesi a lui Andrea ed un altro cingano caritativo, essendo che anco fra' demoni ve ne sono alcuni peggiori degli altri e fra molti uomini tristi ve ne suole sempre essere qualche buono, ed ambidue lo condussero seco.
Dormite, amico, che con l'aiuto di Dio non vi sarà altro.
Intanto che si curava il ferito era al tutto presente Preziosa, la quale lo stava mirando con molta attenzione, facendo lui lo stesso verso di lei, di modo che Andrea se n'avvide, però istimò che ne fosse cagione la molta bellezza di lei che seco traeva gli occhi di quanti la miravano.
Ti aricordi, Andrea, di una carta che ballando con le mie compagne in tua casa mi cadde di seno, la quale per quanto mi imagino ti cagionò non poco dispiacere?
Me ne ricordo rispose Andrea ed era un sonetto in tua lode assai buono.
Adunque devi sapere replicò Preziosa che chi lo fece è quel giovane morso che nella capanna abbiamo lasciato; né mi inganno in nissuna maniera, perché in Madrid mi parlò da due a tre volte ed anco mi diede una canzone assai buona; andava vestito allora come paggio, non già degli ordinari ma sì bene a mio parere de' favoriti di alcun prencipe; e invero, Andrea, che egli è molto prudente e discreto, e sopra ogni cosa onesto, né posso imaginarmi che lo abbia indotto a venire di questa maniera e sì male all'ordine.
Che vuoi pensare che sia, Preziosa rispose Andrea, se non quella stessa forza, né può esser altro, che me ha fatto cingano, lui ha fatto mugnaio per venire a cercarti. Ah Preziosa, Preziosa, e come si va scoprendo quanto brami di avere più d'uno a te sogetto;
Iddio mi aiuti rispose Preziosa. Andrea, e come sei delicato! Come le tue speranze tieni appese a sotil capello ed insieme anco il mio credito, poiché con tanta facilità ti ha penetrata l'anima la dura spada della gelosia!
Pure che non mi vedi pazzo, Preziosa rispose Andrea, ogn'altra dimostrazione sarà poca o nulla per dar ad intendere fin dove arriva e quanto sia molesta e dura l'amara prosunzione della gelosia.
Mai la gelosia disse Preziosa per quanto mi imagino lascia l'intelletto sano perché possa giudicare le cosa come elleno sono. Sempre i gelosi mirano con certi occhiali che fanno parere grandi le cose piccole, i nani giganti e verità i sospetti.
Con questo si dispedì da Andrea ed egli si rimase aspettando che venisse il giorno per intendere la confessione dal ferito, avendo l'anima ripiena di mille contrarie imaginazioni e di turbolenze,
Venne intanto il giorno e subito andò a visitare il morsicato, richiedendoli come si chiamava, donde andava e come caminava così tardi e tanto fuori di strada; richieseli questo, benché prima li richiedesse come si sentiva delle morsicature,
Fratello, s'io fossi giudice e che voi per alcun delitto dovendo essere essaminato da me vi avessi fatto le interrogazioni che vi ho fatte, e voi mi aveste risposto della maniera che avete fatto, sarei sforzato mettervi al tormento;
Sì ch'ella è quivi rispose il morsicato, che iersera la vidi.
Parole che fecero rimanere Andrea come morto, parendoli già di essere chiarito a bastanza di quanto sospettava.
Iersera la vidi tornò a dire il giovane, però non ardii dirli ch'io fossi, non parendomi conveniente il farlo.
Adunque disse Andrea voi siete il poeta che ho detto?
Sì sono rispose il giovane, che non posso né voglio negarlo; chi sa? potrebbe essere che dove pensava di essermi perduto fossi venuto a guadagnarmi, se pure è vero che vi sia fedeltà nelle selve e rifuggio ne' monti.
Vi è senza dubbio soggiunse Andrea e fra noi cingani di più è la maggior segretezza del mondo.
Ho dinari rispose il giovane; in queste maniche di camicia che porto cinta sopra il corpo vengono quattrocento scudi d'oro.
Questo fu un altro colpo mortale che ricevé Andrea, pensando che il portare tanti dinari non era per altro che per conquistare o comprare la sua gioia, onde con lingua turbata e balbutente li disse:
Buona somma è questa; né vi è altro da fare che scoprirvi, e subito, perché la fanciulla, che non è punto goffa, vedrà quanto li sia di utile l'esser vostra.
Ahi amico disse allora il giovane; dovete sapere che la forza la quale mi ha fatto mutare d'abito non è quella d'amore né di bramare Preziosa, essendo che anco in Madrid ve ne sono di belle, che sanno rubare cuori e sogettare anime ancora, sì bene come le più belle cingane, benché confesso avantaggiarsi a tutte la bellezza di questa vostra parente.
A queste parole andava Andrea a poco a poco racquistando li smariti spiriti, parendoli si indrizzassero ad altro fine di quello ch'egli si imaginava, onde desioso di uscire di quella confusione ritornò di novo a rinforzare la fede datali di sicurezza, mediante la quale poteva discoprirsi; e così egli proseguì dicendo:
Io stava in Madrid in casa di un titolato, al quale serviva non come a signore ma come a parente;
Così è rispose Andrea e già la lasciate a man dritta più di venti leghe di qui, acciò vediate quanto fuori di strada andavate, se là era indrizzato il vostro camino.
Il mio pensiero non era che di arrivare a Siviglia, nella quale è un cavaliere genovese amico grande del conte mio parente, quale di continovo suole inviare argento a Genova, e fo pensiero ch'egli mi accomoda con quelli che lo sogliono condurre come uno d'essi e con questo strattagema potrò passare sicuramente fino a Cartagena e d'indi in Italia, dovendo venire due galere molto presto a imbarcare questo argento.
Sì, vi conduranno disse Andrea e se non verete nel nostro ridotto, che fino adesso non so se sia per andare in Andalogia, andarete con altro che dentro di due giorni credo incontraremo; e con darli qualche cosa di quello che avete facilitarete con essi altri impossibili maggiori.
Ciò detto lo lasciò Andrea e venne subito a dar conto agli altri cingani di quanto aveva detto il giovane e ciò che pretendeva da essi con la larga offerta che faceva della buona paga e ricompensa.
Fin dall'ora che giugnesti al nostro ridotto ti conobbi, Clemente, e mi vennero a memoria i versi che mi desti in Madrid, però non volli dir cosa alcuna non sapendo con quale intenzione fossi venuto alle nostre capanne; e quando seppi la tua disgrazia me ne dolsi fino all'anima e mi rassicurai, poiché da me stessa era tutta sosopra pensando che sì come erano dei don Gioanni nel mondo che si mutavano in Andrea, così potevano essere dei don Sanci che si cangiassero in altri nomi.
Né ti pensare seguì Preziosa che de poco utile ti sia stato il conoscerti poiché per mio rispetto, e per quello che di te dissi, si facilitò l'accoglierti e lo admetterti nella nostra compagnia, donde prego Dio ti succeda tutto il bene che maggiore puoi bramare;
A questo rispose Clemente:
Non pensare, Preziosa unica, che don Gioanni con leggerezza di animo mi abbia scoperto chi egli si sia, perché prima lo conobbi io e prima mi scoprirono il suo intento gli occhi suoi propri.
Con tale affetto disse queste parole Clemente che Andrea stette in dubbio se come innamorato o come grato del beneficio ricevuto le aveva dette, essendo che la infernal pestilenza della gelosia è tanto sottile, e di tal maniera, che fino negli atomi del sole si atacca e nel particolare della cosa amata affatica l'amante e lo dispera;
mira Clemente amato,
che di stelle adornato
fa questa notte risplendente e chiara;
come col bianco telo
fere Cinzia d'intorno e valle e bosco,
e 'l nero leva a le campagne e 'l fosco,
tal pensa sia quel volto in cui s'apprezza
l'estremo di bellezza.
CLEMENTE
L'estremo di bellezza
e l'onestà preggiata
degna d'esser amata
si chiude in un sogetto alto e divino
fuori d'ogni bassezza,
sì ch'osa invano ardito, umano ingegno
cantar di lei, che mai n'arriva al segno.
Materia da stancar cigni e sirene
non che lingue terrene.
ANDREA
Non che lingue terrene,
non le nove sorelle
ma in ciel l'alme più belle
a fatica di lei pon dir cantando:
'Care luci serene,
anzi soli d'amor ch'entro il bel viso
splendete e me da me fatte diviso,
date materia al dir, sogetto al canto,
come voi fatte al pianto'.
CLEMENTE
Come voi fatte al pianto
darsi quando vi mira
avido chiunque aspira
il vago posseder de' vostri raggi,
sollevatevi tanto,
che 'l potete, e su in ciel preggio ed onore
togliete al sol col bel natio splendore,
sì che suoni di voi la fama intorno
che fatte chiaro il giorno.
ANDREA
Che fatte chiaro il giorno,
occhi cari e pregiati,
nidi d'amore amati,
chiaro si scorge; e questo è il manco pregio
ma schietto abito adorno
sol di grazia e vaghezza, onesto ardire
convien che in te, mia Preziosa, ammire.
Di questo mi preg'io più ch'altro assai;
questo prima in te amai.
CLEMENTE
Questo prima in te amai,
cinganetta gentile,
quell'alterezza umile
con che ti fai sogetti i cori e l'alme;
e d'allor che fisai
queste mie luci al tuo divin sembiante
di tue tante virtù divenni amante,
idolatra sarei ma troppo ardisco;
così ti riverisco.
Davano segno di non finire sì presto il libero e lo cattivo se dietro le loro spalle non sentivano la voce di Preziosa che la loro aveva ascoltata. Suspeseli il sentirla, così senza moversi, prestandoli una maravigliosa attenzione, la stettero ad ascoltare.
In questa impresa dov'amor trattengo
più stimo l'onestà che la bellezza,
poiché con essa a fabricarmi vengo
scala ond'io poggia alla superna altezza.
Tal la pianta veggiam, ond'io n'ottengo
l'esempio, ergersi al ciel da sua bassezza,
che, se umil pria con le radici a terra,
poi alza il capo e fa a le nubi guerra.
In questo, ov'io ricovro umil ricetto
dall'onestà diffeso e custodito,
foschi pensier non mi fan guerra al petto
né d'espugnarmi è l'or possente o ardito.
L'esser agli occhi tolta è mio diletto
e così dell'amar fuggo l'invito,
ond'io penso da me, fabra mortale,
la sorte fabricarmi anco immortale.
Che abenché il ciel per me contrario gire
e le stelle mi sien nemiche e 'l fato,
non mi cur'io, pur ch'ogni mio desire
a la meta d'onor sol sia indrizzato.
Amo sì la beltà, perché di gire
norma per lei al somo bel m'è dato,
ma non di guisa che mi sia d'impaccio
a le sante virtù ch'io mi proccaccio.
Né perché umile sia, sola e negletta,
con le fere ne' boschi anco nodrita,
debbo temer che a Dio sia men diletta
quest'alma a questo umile corpo unita,
né la mia è tal infin che chiusa e stretta
in questa salma esser non possa ardita,
osando farsi più saggia e migliore,
amante di virtù più che d'amore.
Qui diè fine Preziosa al suo canto ed Andrea e Clemente si levarono per riceverla; passarono fra li tre discreti raggionamenti; e Preziosa nel suo dire ben dimostrò quanto fosse prudente, quanto onesta e quanto acuta d'ingegno, di modo che in Clemente ritrovò bastante discolpa l'intenzione di Andrea, quello che fino allora fatto non aveva, giudicando Clemente che sì precipitosa determinazione più tosto da fanciullezza che da prudenza avesse avuto principio.
Andrea già sapeva il suo nome, io sono donzella e ricca, che mia madre non ha altro figlio che me; questo albergo è suo ed oltre questo ha molte vigne e quattr'altre case;
Admirato rimase Andrea della subita risoluzione della Carducha e con la prestezza ch'ella lo richiese li rispose:
Signora donzella, io sono in parola di maritarmi; e di più noi cingani non usamo di sposare che cingane; Iddio la rimuneri del bene ch'ella far mi voleva, del quale io non sono degno.
Poco mancò che non morisse a questa sì acerba risposta la giovane ed averebbeli replicate altre cose se non avesse veduto entrar nel cortile altre cingane.
Signora donzella, questa è la mia guardaroba e questo è il mio polledro, se voi ritroverete in essa, overo in lui, quello che vi manca voglio pagarvelo sette volte più, oltre il soggettarmi al castigo che la lege dà a' ladri.
Corsero subito i ministri della corte; svaligiarono il polledro né molto ricercarono che diedero nel furto, della qual cosa rimase tanto stupido Andrea, e così fuori di sé stesso, che una statua priva di voce pareva.
Non fu giusto il mio sospetto? disse allora la Carducha Guardate con che buona ciera si nasconde così tristo ladro!
L'alcalde, ch'era presente, cominciò a dire mille ingiurie a Andrea ed a tutti gli altri cingani, chiamandoli publici assassini da strada e peggio,
Non vedete come si è rimasto questo cinganetto guasto nel rubare?
E ciò dicendo, senza altro più, alzò la mano dandoli uno schiaffo tale che lo fe' ritornare in sé stesso ed arricordarsi che non era Andrea Cavaliere ma sì bene don Gioanni, e cavaliere; onde fattosi sopra il soldato, con molta prestezza e colera, li cavò la propria spada dal fodero e gliela infoderò nel corpo, facendolo cadere in terra morto.
Con ragione la lodano di bellezza non saziandosi punto di rimirarla.
Richiese all'avola che età poteva avere quella fanciulla;
Tanti n'averebbe la sventurata mia Constanza; ahi amica, che questa fanciulla mi ha rinovata la memoria della mia disgrazia.
Presela per le mani Preziosa e bacciandogliele molte volte le diceva:
Signora mia, il cingano ch'è prigione è senza colpa perché fu provocato; chiamaronlo ladro, che non lo è; li diedero uno schiaffo nel volto che è tale che ben in esso si scopre la bontà dell'animo suo.
In tutto il tempo che queste parole diceva già mai lasciò le mani né volse gli occhi che non la mirasse atentamente, spargendo amare e pietose lagrime in abondanza, facendo lo stesso la signora che con non minore atenzione la riguardava.
Signore, misericordia, misericordia; se il mio sposo muore, io sono morta; egli non ha colpa, pure se ne ha a me si dia la pena e, se questo non può farsi, almeno non si finisca sì presto l'essecuzione della sentenza, acciò in questo mentre si procurano i mezzi necessari per suo rimedio, potendo essere che a chi non peccò di malizia il cielo li dasse la salute per grazia.
Più stupido rimase il governatore sentendo le prudenti parole della cinganetta e, se non che dubitava di dare indizio di fiacchezza, l'avrebbe anco accompagnata nelle lagrime,
Mi aspettino le signorie vostre per un poco, ch'io farò di modo che questo pianto si converta in riso benché a me debba costare la vita.
Ciò detto con prestezza uscì di donde era lasciando confusi i circonstanti di ciò che detto aveva.
Intanto la cinganetta non diede tregua alle lagrime ed alle preghiere, supplicando che la causa del suo sposo si trattennesse, con pensiero di avisarne il padre, acciò che venisse a diffendere la causa del suo figliuolo.
Non stete guari la vecchia a ritornare con un piccolo coffanetto sotto il braccio, dicendo al governatore che con la signora sua moglie entrasse seco a parte in altra camera, perché aveva molte cose da dirli in segreto.
Se le buone nove, signori, ch'io sono per darvi, non mertaranno per allegrezza il perdono di un mio gran peccato, sono quivi per riceverne il castigo che vorrete darmi. Però prima di confessarlo mi dicano, signori, se conoscono queste gioie.
E discoprendo un coffanettino nel quale erano gli ornamenti di Preziosa lo pose nelle mani del governatore, il quale aprendolo vide quegli ornamenti puerili, però già non li cadde in pensiero che volessero significare, come neanco la signora sua moglie che similmente li rimirò; ma solo disse:
Questi sono ornamenti di qualche picola creatura.
Così è rispose la cingana vecchia, e di che creatura fossero lo dice questa carta piegata.
Presela il governatore e con molta pressa aprendola la lesse, che diceva così:
La fanciulla chiamavasi donna Costanza di Azevedo e Menesse, sua madre donna Guiomar di Menesse e suo padre don Fernando de Azevedo, cavaliere di Calatrava. Scomparve il giorno dell'ascensione del signore circa il mezzo della mattina dell'anno millecinquecentonovantacinque;
Appena ebbe inteso la moglie del governatore quanto era scritto nella carta che, riconoscendo i manili e ponendoseli alla bocca, li bacciò molte volte cadendo alla fine svenuta;
Buona donna, anzi angelo che cingana, dimmi, ch'è della creatura di cui erano questi ornamenti?
Che n'è, signora? rispose la vecchia In vostra casa l'avete; quella cinganetta che vi trasse le lagrime dagli occhi è quella di cui erano le gioie ed è senza alcun dubbio vostra figlia, ch'io la rubai in Madrid in vostra casa, il giorno ed ora che dice questa carta.
Questo sentendo la turbata signora lasciò le pianelle e corse in sala dove lasciata aveva Preziosa, la quale ritrovò circondata dalle sue donzelle e serve, tuttavia piangendo; e senza dirli cosa alcuna, fattoseli sopra, con molta pressa le slacciò il petto, risguardando se sotto la mamella sinistra aveva un piccolo segno a modo di un neo bianco, con il quale era nata, e ritrovò che sì, anzi che con il tempo si era andato crescendo e dilatando;
Prendete, signore, vostra figlia Costanza, che è questa; né dubitate in alcun modo, signore, ch'ella non sia dessa, perché i segnali delli due diti congiunti ho veduto ed insieme quello del petto e molto più, che a me lo sta dicendo, fin dall'ora che la viddero questi occhi, l'anima mia.
Non lo dubbito rispose il governatore, avendo tuttavia fra le braccia Preziosa, poiché lo stesso ha passato a me che a voi; e di più, come tante puntualità potevano congiungersi se non per miracolo?
Tutte le genti di casa erano confuse, non sapendo che dovesse essere il fine di tante cose, e tutti davano ben lungi dal segno, perché chi si sarebbe imaginato mai che la cinganetta fosse figlia de' loro padroni?
Ahi, signore mio disse a questo Preziosa, ch'egli non è cingano né ladro, posto che egli sia omicida; però se fu tale lo fu con chi li aveva tolto l'onore; né poteva far di meno che non mostrasse chi egli era e non lo amazzasse.
Come ch'egli non è cingano, figlia mia? disse donna Guiomar.
Alla quale la vecchia raccontò brevemente la istoria di Andrea Cavaliere, come era figlio di don Francesco di Carcamo cavaliere di San Giacomo e che egli si chiamava don Gioanni, cavaliere medesimamente della stessa religione, i vestiti del quale ella conservava dall'ora che li lasciò per quelli di cingano.
Nel tempo che ella spese nell'andare e ritornare, fecero a Preziosa li suoi genitori mille interrogazioni, alle quali ella rispose con molta prudenza e tanto più grazia, di maniera che, ancora che per figlia riconosciuta non l'avessero, pure gli averebbe fatti innamorare.
Taci, Preziosa disse suo padre, che questo nome di Preziosa voglio ti resta in memoria della perdita tua e dell'averti ritrovata, poiché io, come tuo padre, prendo a carico il metterti in istato che non disdica punto alla nostra qualità.
Diede un sospiro Preziosa a questo e sua madre, come ch'era prudente, intese che sospirava come innamorata di don Giovanni, perloché disse a suo marito:
Signore, essendo don Giovanni di Carcamo cavaliere com'egli è ed amando sì fortemente nostra figlia, non sarebbe male il dargliela.
Apena oggi l'abbiamo ritrovata e di già volete che la perdiamo? rispose il marito Godiamola qualche tempo, perché in maritandola non sarà più nostra ma di suo marito.
Avete ragione, signore soggiunse ella; ma però date ordine di cavare di prigione don Giovanni, poiché deve stare molto male.
Lo starà senz'altro disse Preziosa, che a un ladro, omicida e sopra tutto cingano non l'averanno trattato meglio.
Io voglio andare a vederlo disse il governatore nella maniera come che l'andassi a essaminare e di novo, signora, vi comando la segretezza di questo caso, fino che sarà di mia voglia il manifestarlo.
Poi abbracciato Preziosa andò alla prigione, nella quale entrò senza che alcuno le tenesse compagnia.
Ritrovò don Giovanni con li ceppi a' piedi e con le manette alle mani;
Come stai, buona pezza di carne? Che vedessi io legati al sasso quanti cingani sono in Spagna per finire con essi in un giorno come già Nerone voleva di Roma in un sol colpo.
Questo sentendo Andrea s'imaginò che il governatore si era innamorato di Preziosa, essendo che la gelosia è sottile di corpo e facilmente entra negli altri corpi, senza spezzarli, romperli, overo dividerli; però con questo li rispose:
Se ella ha detto che io sono il suo sposo ha detto la verità e, se ha detto anco che non sono, medesimamente ha detto la verità, perché non è possibile che Preziosa dica bugia.
È tanto veridica? disse il governatore Non è poco per essere cingana.
Adunque faccia v. s. sign. governatore disse Andrea quanto ella supplica, perché sposandomi con seco prima della mia morte anderò contento all'altra vita, lasciando questa con nome d'essere suo.
Dovete amarla molto soggiunse il governatore.
Tanto rispose il prigione che non ho lingua bastante per esprimerlo.
Adunque questa notte manderò per voi disse il governatore ed in mia casa vi farò sposare con Preziosella e dimani a mezzogiorno sarete sopra una forca e così avrò compito a quanto richiede la giustizia ed al desio d'ambidue voi.
Reseli grazie Andrea ed il governatore ritornò a casa, raccontando a sua moglie quanto con don Giovanni aveva passato e significandoli quanto pensava di fare.
Venne intanto la notte e circa il mezzo di essa cavarono Andrea di prigione, non avendo più i ceppi a' piedi né le manette alle mani ma sì bene, invece di quelle, una gran catena di ferro che lo cingeva tutto;
Torna in te, figlia mia, che quanto vedi ha di ridondare in tuo gusto ed utile.
Ma ella come ignorante del fatto non sapeva come consolarsi. La cingana vecchia era tutta conturbata ed i circonstanti suspesi del fine del caso.
Signor vicecurato, questo è il cingano e questa è la cingana che dovete sposare.
Al quale rispose il prete:
Questo non posso io fare, se prima non precedono le circonstanze che in tal caso si ricercano. Dove sono le publicazioni? Dov'è la licenza del mio superiore, perché con essa io possa fare questo maritaggio?
Innavertenza è stata la mia disse il governatore; però io farò che il vicario ci dia questa licenza.
Adunque fin che io non la veggo, questi signori mi abbino per iscusato.
E senza più dir parola, acciò non succedesse qualche scandalo, uscì di casa, lasciando tutti li circonstanti confusi.
Ha fatto molto bene il prete disse allora il governatore e potrebbe essere che questa fosse providenza del cielo, acciò che più si dilati il supplicio di Andrea, dovendosi per ogni modo prima sposare con la cinganetta; e dovendo precedere le publicazioni si darà tempo al tempo, con il quale sogliono ridursi a felice fine molte amare difficoltà. Però sia come si voglia; vorrei sapere da Andrea, se la sorte incaminasse di maniera le sue cose che senz'altra paura o batticuore si ritrovasse sposo di Preziosa, se si terrebbe per più aventuroso essendo Andrea Cavaliere o don Giovanni di Carcamo.
Sentendosi chiamare per il proprio nome, Andrea disse:
Poiché Preziosa non ha voluto contenersi ne' limiti del silenzio ed ha scoperto ch'io sono, dico che, abenché per buona ventura io fossi per essere monarca del mondo, stimo tanto questa che porrei meta a' miei desiri né bramerei altro bene che quello del paradiso.
Adunque per questo buon animo che avete dimostrato, sig. don Giovanni di Carcamo, io farò che a suo tempo Preziosa sia vostra legitima consorte; ed adesso di presente ve la do e consegno in isperanza per la più ricca gioia di mia casa, di mia vita e dell'anima mia. Stimatela voi in quanto dite, perché io in essa vi do donna Costanza di Menesses mia unica figlia, la quale, se vi uguaglia nell'amore, non vi disdice punto nel lignaggio.
Rimase attonito Andrea, vedendo quanto amore li portavano; ma in brevi parole donna Guiomar raccontò la perdita della figlia, l'averla ritrovata con i certissimi segnali che la cingana vecchia aveva dati del furto, della qual cosa maggiormente rimase attonito Andrea e confuso; però, allegro quanto più poteva essere,
Smenticavami il dire qualmente l'innamorata Carducha scoperse alla giustizia non esser vero il furto di Andrea, confessando il proprio errore ed insieme lo sfrenato amore che per allora restò senza castigo, non essendo di dovere che in mezzo alle allegrezze avesse luogo la vendetta e si bandisse la clemenza.
Il fine della prima novella