RINCONETTE E CORTADIGLIO
Novella terza
Argomento
Due garzonetti spensierati, l'uno giuocatore d'avantaggio e l'altro tagliatore di borse, divenuti compagni pervengono in Siviglia. Quivi esercitando il ladro il suo mestiero è cagione che ambidue sono introdotti da Monipodio, prencipe de' guidoni, dal quale, conforme comandano i loro statuti essaminati ed abili ritrovati, iscusandoli l'anno del noviziato sono fatti ufficiali dell'accademia, nella quale per qualche tempo dimorando veggono cose di grandissimo stupore e maraviglia; alla fine pentiti si emendano.
Nell'osteria del Molinello, che ne' confini delle famose campagne di Alcudia, quando si va da Castiglia all'Andalogia, è posta, un giorno de' più caldi dell'estate si ritrovarono a caso due garzonetti di età di quattordeci in quindeci anni, ambidue di buona grazia, però malamente sdruciti e rovinati. Non avevano cappa, li calzoni erano di tela e le calzette di carne;
Di donde siete, signor cavaliere, o dove è il vostro camino?
Al quale subito rispose lo interrogato:
Di dond'io mi sia non lo so, come anco non so dove io sia indrizzato; ben è vero che colà mi fermerei e direi patria donde ritrovassi chi mi dasse lo necessario per sostentare questa miserabile vita.
Per vita mia soggiunse l'altro, che v. s. non pare del cielo, né men questo giudico luogo per farvi stanza, onde penso sia di mestieri passarsene avanti.
Dice il vero, v. s. rispose il secondo, ma per questo non li ho detto bugia, poiché il luogo di dond'io sono non è mio, non avendo in esso altro che un padre che non mi tiene per figlio ed una matrigna che mi tratta come figliastro, essendo di più il camino ch'io fo alla ventura.
Sa v. s. alcun mestiere? addimandò il grande.
Io non so altro rispose il piccolo che correre come una lepre, saltare come un caprio e tagliare benissimo.
Tutto è buono, utile e di giovamento disse il grande, perché vi sarà sacristano che darà a v. s. l'offerta di tutti li santi, acciò che per il giovedì ultimo di quaresima li taglia carta per ornamento del sepolcro.
Non è il mio tagliare di questa maniera rispose il minore; ma è che per Iddio grazia, essendo mio padre sarto e calcetero, mi ha insegnato tagliare le sottocalzette così bene che in verità potrei essaminarmi di maestro, se non che la trista mia sorte mi ha posto in un cantone né si ricorda di me.
Di peggio sempre accade a' buoni soggiunse l'altro ed ho sentito dire che le persone meglio inclinate ed abili sono le più sventurate; però, non essendo v. s. vecchio, potrà rimediare al tempo e cangiare fortuna;
Perché non sono rispose il minore.
Oh in questo della segretezza replicò il grande, li so dire ch'io mi sono uno de' più segreti garzoni del mondo; et affine che v. s. mi scopra l'animo suo e si riposi sopra di me scoprirò prima ch'io sia, imaginandomi che non senza gran misterio ci abbia quivi condotti la sorte e che leali amici dobbiamo essere fino alla morte.
dalle mie massorizie quanto puote' e quanto mi parve necessario, fra le quali furno queste carte scoprendo le già dette con le quali mi ho guadagnata la vita giuocando al vintiuno per le bettole e per le osterie che sono da Madrid fino a qui. Et benché v. s. le veda di questa maniera spuntate e guaste, sappia però che, sapendole adoperare, sono mirabilissime, non alzando mai carta che non resti sotto alla prima un as
che li può servire e di uno e di undici;
v. s. quanto avantaggiose siano per quello che le sa adoperare.
, dimodoché, se v. s. può essaminarsi di maestro nel tagliare le sottocalzette, così io lo posso fare nello spilare,
Sia in buonora rispose l'altro, molto devo a v. s. in avermi fatto degno di sentire la sua vita, con che mi ha obligato a non tacerli la mia, che succintamente è questa. Nacqui in un certo luogo fra Salamanca e Medina del Campo; ebbi per padre un sarto, il quale, come ho detto, mi insegnò tagliare le sottocalzette, benché io col mio giudizio poi sono divenuto perfetto tagliatore di borse.
, né divenni bianco per la paura, né mi fece correre bracco, ned ebbi timore del manico;
Tralasciamo questo disse Rincone, che conoscendosi non bisognano fra noi quest'altezze o bassezze; confessiamo pure che non avevamo quattrini da spendere né scarpe da portare.
Così sia disse Diego Cortado, che tale facevasi dire il minore; e poiché la nostra amicizia, come detto avete, deve essere longa e perfetta, incominciamola con sante e lodevoli cerimonie.
Così levatosi di assentare, abbracciò Rincone e Rincone lui strettamente. Fatto questo si posero a giuocare con le già dette carte, nette bensì di polve e di paglia ma non già di sudicciume e di malizia; né fecero molte mani che sì bene alzava per lo as Cortado come Rincone suo maestro.
scorta e ve li averebbero condotti.
A Siviglia appunto è indrizzato il nostro camino rispose Rincone ed offerendosi v. s. accettarci per servitori verremo più che volontieri e li serviremo in quanto ci sapranno comandare.
Appena ebbe ciò detto che, postisi amidue davanti le cavalcature, lasciarono il nemico beffato e la moglie dell'oste, che senza essere veduta il tutto aveva sentito, confusa della loro picaresca creanza;
ventidue reali.
mestiero, li rispose che utilissimo, poiché non occorrevano sicurtà, essendo sforzati quelli che li facevano lavorare fidarsi per essere serviti, e che di più alla sera si ritrovava aver guadagnato cinque o sei reali, co' quali mangiava e beveva da principe, senza esser sottoposto a padrone indiscreto che gli commandasse.
Appresero benissimo a memoria questa lezione, essercitandosi di maniera fra loro che in termine di due ore avrebbono potuto graduarsi in quel mestiere,
Sia col nome di Dio;
Ella non sarà mala rispose il soldato, poiché io sono vincitore nel giuoco ed innamorato, che la spesa appunto ch'io sono per fare non è per altro che per fare un banchetto ad alcune compagne della mia donna.
Mi carichi adunque v. s. soggiunse Rincone, che mi dà l'animo di portare tutta questa piazza e di cucinarla di più se ne facesse il bisogno.
Restò il soldato della garbatezza di Rincone assai gustato e li disse che, se l'avesse voluto servire, l'avrebbe levato da quella meschinità.
Bene, come passa l'utile?
Ed egli aprendo la mano dimostrò li tre soldi avuti dal soldato, perloché ridendo Cortado si pose una mano nel seno, dal quale cavò una picciola borsa, ed appressatosili all'orecchio li disse:
Con questa e con due soldi mi pagò sua riverenza dello studiante, però prendete e governate voi per quello che potesse occorrere.
Appena l'ebbe presa Rincone che, ritornando lo studiante anelando e trasudando,
Quello che io so dirli di questa borsa è ch'ella non sarà persa, se pure v. s. non l'ha mal governata.
Senza dubio disse lo studiante, misero me, che la devo male aver governata, poiché mi è stata tolta.
Lo stesso dich'io soggiunse Cortado, però quello che v. s. potrà fare la prima cosa sia aver pazienza, e questo è un dono de' principali che Dio facesse all'uomo, potendo da sua posta consolarsi nelle proprie passioni, essendo che un giorno va e l'altro viene, ritornando bene spesso l'inganno sopra lo ingannatore. Voglio dire che con il tempo potrebbe quello che gliel'ha tolta pentirsi e restituirla profumata,
E come disse lo addolorato studiante, che, posto che io non sia sacerdote ma solamente sacristano di una chiesa di monache, li dinari erano il salario di quattro mesi di una capellania che ho riscosso per un sacerdote mio amico ed è dinaro sacro e benedetto.
Buon pro li faccia, buon pro li faccia disse Rincone, il cielo mi guardi da simili guadagni.
Entrata, la puttana che mi diede al mondo! E sono io adesso per render conto quanta entrata si renda o quanta uscita?
Non mi pare tristo questo pensiero disse Cortado, però v. s. averta non smenticarsi alcuno de' contrasegni o della giusta quantità de dinari, poiché un sol quattrino di errore li so dire sarà causa di lasciarliela mai più rivedere; e si tenghi sicuro quanto li dico.
Non ho dubbio di questo disse il sacristano, ch'io l'ho più fissa nella memoria del sonare delle campane.
Ciò dicendo si cavò dalla saccoccia un fazzoletto sottilmente lavorato per asciugarsi il sudore del volto, che appena lo vide Cortado che subito lo marcò per suo
Signori, per vita vostra, ditemi, sete carpioni?
Non intendiamo, signor mio rispose Rincone.
Come che non m'intendete? Dico se siete pescatori soggiunse il primo.
Non siamo né pesce né pescatore rispose Cortado e se volete altra cosa fattevi intendere, se non, andatevi in buonora.
Non m'intendono? disse fra sé il garzone Glielo farò bene intendere, ancorché non vogliano, dandogliela da bevere in un cucchiaro d'argento, perché meglio possano ingiottirla.
Pagano dazio i ladri in questa città? rispose Rincone.
Se non pagano dazio soggiunse il garzone, almeno si registrano davanti il sig. Monipodio ch'è loro padre, loro maestro e loro protettore.
Io pensai sempre disse Cortado che il rubbare fosse mestiere libero, fatto d'animo volontario, senza averne da render conto ad alcuno, e che se pure si pagasse, fosse per giunta dando la gola e le spalle, per mallevadori o sicurtà;
E come s'egli è qualificato, generoso e sufficiente! rispose il garzone Egli è tanto che, in quattro anni ch'egli essercita questo ufficio di nostro padre e protettore, quattro solamente sono stati smanegati ed a trenta li han fatto il marchesco.
Invero disse Rincone che tanto intendiamo questo parlare, quanto s'intendiamo di volare.
Andiamo pure seguì il garzone, che per istrada glielo anderò dichiarando con altre molte parole gerghe, tanto necessarie saperle quanto il pane giornalmente per mangiare.
E così fu che li ne disse molte, concedendoli il farlo la lunghezza della strada.
Sono grazia del cielo per servire Dio e la buona gente, benché non di quelli perfetti, stando che ancora sono nell'anno del noviziato.
Per certo che mi è novo disse Cortado e parmi maraviglia che nel mondo siano ladri servi di Dio e delle buone genti.
Signore disse il garzone, io non mi metto in teologia né sono per disputare, ben li dico che tutti nel loro mestiere possono lodare Dio e molto più cogli ordini dati a' suoi allievi dal signor Monipodio.
Se non buoni e santi devono essere disse Rincone, poiché fanno li ladri servi di Dio.
Sono tanto buoni e santi replicò il garzone ch'io non credo sia possibile il migliorarli.
Il tutto mi pare di perla disse Rincone ma ditemi, per vita vostra, si fa poi altra restituzione del maltolto od altra penitenza?
O circa questo non occorre parlarne rispose il garzone, essendo tante le parti in che si divide il rubbato che impossibile è il farlo, restandone il ladro quasi senza,
Et con solo questo disse Cortado pensano questi signori di fare opere sante e buone?
Ma che hanno di male replicò il garzone, non è peggio essere eretico, rinegato, patricida o solomica?
Sodomita vuol dire v. s. rispose Rincone.
Questo dico soggiunse il garzone.
Tutto è male replicò Cortado; però, volendo la nostra sorte ch'entriamo in questa compagnia, allunga v. s. un poco più li passi morendomi di voglia di vedermi davanti questo signor Monipodio, del quale avete raccontate tante meraviglie.
Presto si appagherà il suo desio, signore, poiché di già siamo pervenuti alla casa dond'egli abita. Mi aspettino per un poco quivi in istrada, tanto ch'io veda s'egli è disoccupato per essere questa l'ora dell'audienza.
Aspettarono li due, rimirando la casa che più tosto casamata che altro potevasi dire,
. Attraversavali una cintura le spalle ed il petto, dalla quale pendeva una spada larga e curta a modo di pistolese; le mani erano curte e pelose, le dita grosse e le unghie ritorte; le gambe, come abbiamo detto, non si vedevano ma li piedi erano disuguali, grandi e nodosi;
Questi sono, sig. Monipodio, quelli due valorosi giovani che ho detto a v. s., se così li pare potrà essaminarli; e vedrà quanto sono degni d'entrare nella nostra confraternita.
Lo farò volontieri disse Monipodio.
Smenticavami il dire come nello stesso punto ch'egli venne a basso, quanti erano nel cortile li fecero una larga e profonda riverenza, fuorché li due smargiassi, li quali alzando così a mezzo il capello si ritornarono a passeggiare da un canto, lasciando Monipodio dall'altro, il quale interrogando li due dell'essercizio, della patria e de' parenti,
L'essercizio, essendoci condotti davanti la signoria vostra, già si sa quale egli si sia, la patria non occorre il dirla e li parenti non fanno a proposito, non dovendosi da noi prendere adesso qualche carico onorato, perloché sia necessaria questa informazione.
Ciò sentendo Monipodio li disse:
Voi, figliuol mio, parlate bene ed è buona cosa servare quanto avete detto, poiché correndoci la fortuna contraria non è bene sia dipinto sul libro del notaro: "Il tale, figlio del tale, di tal luogo, il tal giorno fu impiccato o frustato", conforme siamo sottoposti, suonando male queste parole all'orecchie de' galantuomini. Pertanto ritorno a dire essere cosa molto utile il tacere la patria, li parenti e 'l proprio nome, benché fra noi debbia ogni cosa essere manifesta; e solo per adesso bramo sapere il vostro nome.
Glielo dissero ambidue
È di mia volontà, e così comando, che di qui avanti voi, Rincone, vi chiamiate Rinconette e voi, Cortado, Cortadiglio, essendo nomi che più che bene quadrano ed alla vostra età ed alle nostre ordinazioni, per le quali è necessario si sappia il nome de' confratelli,
.
con la maggior solennità che sia possibile.
Per certo disse Rinconette, già confirmato in questo nome che questa è opera degna dell'altissimo e profondissimo giudizio, del quale abbiamo inteso essere v. s. dotato;
Tanto si farà o che di me non resterà pezzo disse Monipodio.
E chiamando la guida li disse:
Vieni qua, Ganchuelo che tale era il suo nome, sono distribuite le sentinelle?
Signor sì rispose la guida; tre ne vanno attorno, dimodoché non occorre temere siamo colti all'improviso.
In buonora sia soggiunse Monipodio.
E, rivoltosi alli due, li disse:
Figliuoli, vorrei sapere ciò che sapete, per darvi l'uffizio conforme alla vostra inclinazione ed abilità.
Io, signore rispose Rincone, so non so che fioreti di spinto, so chiudere il canzonamento nel barleffio, ho balchi perfetti per la santa, so comprare il porco quando bisogna e ganezzare un vasco quanto un gonzo.
Questi sono principi disse Monipodio, e tanto usati che non vi è principiante che non li sappia né ad altri ponno servire che ad un gentiluomo tanto bianco che si lasci sbasire dalla morsa per ignoranza;
E voi, Cortadiglio, che sapete? richiese Monipodio.
Io disse lui so benissimo quel giuoco del mettere due e cavare cinque con tanta destrezza, e mi escusino della molto prosunzione, che non cedo ad altro; e poi toccare il polso ad una santa meglio di un medico.
Sapete altro? disse Monipodio.
No per li miei peccati rispose Cortadiglio.
Non vi affligete, figlio replicò Monipodio, perché sete arrivati in porto e sete entrati in una scuola dove non vi annegarete né lasciarete di riuscire più che perfetto in tutto quello che sarà di bisogno.
E come abbiamo da passarla disse Rinconette se non molto bene, avendo noi animo di sottentrare ad ogni impresa per ardua ch'ella sia, pur che sia in beneficio di questo nostro essercizio?
Bene replicò Monipodio, però vorrei ancora che lo aveste per soffrire, se bisognasse, due o tre tocchi di malgherita, senza pure schiudere le labbia dicendo: "Questa bocca è mia".
Già sappiamo che siano tocchi di malgherita disse Cortadiglio né siamo tanto ignoranti che similmente non sappiamo pagarsi con la gola quello che dice la lingua; però abbiamo animo per tutto, essendo stato all'uomo ardito, per non dirlo altrimenti, tanto favorevole il cielo che li ha lasciato e la vita e la morte nella propria lingua facendoli tanto facile un no quanto un sì.
Alto disse Monipodio, non più,
Di questo parere sono anch'io disse uno delli due sgherri.
E lo approvarono gli altri tutti che ogni cosa intesa avevano, supplicando di più Monipodio li facesse partecipi delle immunità della compagnia, meritandolo la loro grata presenza e giudizioso discorso.
Il bargello de' vagabondi viene verso questa casa, però solo, senza ciurma.
Nissuno tema disse Monipodio, che è nostro amico né mai viene per farci danno; acquetatevi tutti, ch'io uscirò fuori a parlarli.
Tutti si riposarono su la sua parola, essendo a questa novella impauriti, ed egli uscì, dove ritrovò alla porta il bargello, col quale fece non so che poche parole e poi ritornò in casa, richiedendo a chi fosse toccata in sorte la piazza di San Salvatore.
E come dunque soggiunse Monipodio non mi si ha manifestata una borsa con dentro quindeci scudi d'oro, due reali da due con altra piccola moneta?
Vero è disse la guida che la borsa è stata rubata ma io non l'ho già tolta, né meno so imaginarmi chi la possa aver tolta.
Non facciamo alzate replicò Manipodio, poiché la borsa in ogni modo ha da comparire, richiedendola il bargello che ci è amico e che ci fa più di mille servigi l'anno.
Tornò a giurare il garzone di non averla veduta, cosa che maggiormente fece instizzare Monipodio,
Nissuno si burli pensando di rompere una minima delle nostre ordinazioni, perché li costerà la vita;
Ritornò di nuovo a giurare maledicendo e sé stesso e la borsa, dicendo che non solo non l'aveva tolta ma che neanco per imaginazione egli ne sapeva cosa alcuna.
Abbia fine questa lite, signori, poiché questa è la borsa chiesta del bargello, senza che pure vi manchi un sol quattrino; ed il mio compagno oggi l'ha carpita ad un sacristano con un fazzoletto per gionta.
Cavò fuori Cortadiglio il fazzoletto e lo pose in palese;
Resta il signor Cortadiglio il Buono, che tale deve chiamarsi, con il fazzoletto, che io resterò con l'obligo di questo servigio, rimanendo da noi sodisfatto il bargello,
Comunemente fu lodata la gentilezza delli due moderni ed approvata la sentenza del loro maggiorengo, il quale subito se ne uscì a restituire la borsa al bargello, restando Cortadiglio col cognome di Buono, come che fosse un altro don Alfonso Perez de Gusmano il Buono che impugnò il coltello contro il proprio figlio a Tarifa, a fine di ucciderlo.
E doveva mancare questo? disse la Gananciosa, tale era il nome di una di esse
E così fu il vero, perché in quello istante entrò un fanciullo con una cesta coperta di un lenzuolo.
Figliuol mio Monipodio, io non sono per feste, poiché un dolore di capo due giorni sono mi fa andare pazza; e molto più che, dovendo andare prima che sia mezzogiorno a fare le mie divozioni, non mi posso trattenere un poco, abenché nevicasse o che il cielo si disciogliesse in pioggia. Ho per uso di accendere le mie candelette alla madonna dell'Acqua ed al crocifisso di Sant'Agostino, che fa tanti miracoli, né vorrei in nissuna maniera lasciare di farlo
Il tutto vi si crede, signora madre rispose Monipodio; resta pure la cesta come dite, poiché io non mancherò di fare la diligenza delle interiora e dividerò giustamente le parti, com'è di mio costume.
Sia come volete voi, figlio; et perché mi si va facendo tardi datemi, se ne avete, ch'io beva un sorsetto di vino, per consolare questo mio stomaco di continovo tanto afflitto.
O che tale lo beverete disse allora la Escalanta, compagna della Gananciosa che migliore non potete bramarlo.
Così discoprendo la cesta manifestò una boraccia di cuoio grande e, cavando fuori una tazza di legno che senza spanderlo capiva più di un boccale, gliela empì e l'offerse alla devotissima vecchia, la quale, prendendola con ambedue le mani e soffiandoli un poco di schiuma, disse:
Troppo la empisti, figlia, però il signore darà forza al tutto.
Ed appressandola alla bocca d'un sol tiro, senza prender fiato, la trangugiò, finendo di vuotarla con dire:
Di Guadalcanale è questo vino; forsi che sì, forsi che no, prego il ciel mi faccia pro. Iddio ti consoli, figlia, che di questa maniera hai consolata me, temo solo che per essere digiuna mi faccia male.
Non dubitate, madre disse Monipodio, che è vin vecchio né vi può far danno.
Così spero nella vergine rispose la vecchia;
L'ho io, signora Pipota (tale era il nome della vecchia) disse la Gananciosa; eccovelo, prendete ed insieme prendete anco quest'altro, del quale vorrei mi comperaste una candelina e l'accendeste davanti l'imagine del sig. San Michele; e, se due per lo stesso soldo ne poteste comprare, vorrei accendeste l'altra al signor San Biaggio, poiché sono ambidue miei avvocati;
Da saggia e prudente fai, o figlia rispose la vecchia; ed avverti a non essere misera ed avara, essendo di molto giovamento lo accendersi le candele in vita ned aspettare che altri dopo morte lo faccia.
Dice bene la signora Pipota soggiunse la Escalanta.
E ponendo mano alla sua borsa li diede un altro soldo incaricandoli che li comprasse due candele e le accendesse a due santi di suo gusto, però de' più utili e migliori.
Datevi buon tempo, figliuole, tanto che ne avete la commodità, poi che verrà tempo che piangerete li gusti persi nella gioventù in quella guisa ch'io faccio adesso; raccomandatemi nelle vostre orazioni a Dio, ch'io vo a fare lo stesso per me e per voi tutti, acciò ci libera e diffenda da forza di giustizia in questa nostra vita sì ripiena di perigli; e conservatevi in pace.
Chi chiama?
Son io, signor Monipodio rispose uno di fuori; non dubitate di male, che sono Tagarete, sentinella di questa mattina, e vengo per dire qualmente Giuliana la Cariharta viene tutta rabuffata e piangente, come che li sia accaduto qualche male.
Entrò in questo la detta Giuliana e Monipodio comandò alla sentinella che per lo avvenire avisasse con meno strepito e romore, e che si ritornasse al suo posto.
La giustizia del cielo e del re discenda sopra quel ladrone, taglia mostacci, sopra quel codardo, sopra quel picaro pidocchioso, che più volte l'ho levato dalla forca che non ha peli in barba.
Acquietati, Giuliana disse allora Monipodio, che quivi sono io per farti giustizia;
Che rispetto? rispose allora la Giuliana Possa io più tosto vedermi rispettata nell'inferno che da questo pusillanimo cogli uomini e sgherrone con le femine;
Ed alzando la gonella fino al ginocchio ed anco più suso le dimostrò tutte inlividite,
Di questa maniera mi ha acconcia quel ingrato del Repolito, il quale più dovrebbe essermi obligato che alla madre che lo partorì. Et perché pensate che egli abbia fatto questo?
Quivi ritornò di nuovo a chiedere giustizia, a domandare vendetta e Monipodio, con gli altri tutti, a promettergliela.
Pagherei io una bella cosa che altretanto mi fosse accaduto con il mio bene, dovendo tu sapere, sorella mia, se pure non lo sai, che chi bene ama, bene castiga e, quando questi vigliacconi ci battono e ci castigano, allora ci adorano. Ma tu, confessami una verità per vita tua, Giuliana: dopo di averti il Repolito battuta, non ti fece alcuna carezza?
Come se me ne fece? rispose la Giuliana Avrebbe dato un dito della sua mano, perché andassi con lui alla sua stanza e quasi che li vennero le lagrime agli occhi doppo di avermi battuta.
Non v'ha dubbio soggiunse la Gananciosa ch'egli avrà pianto ed invero che in simile caso, succedendone il pentimento, può dirsi che l'uomo sia senza colpa; e credimi che prima si partiamo di questo luogo lo vedrai venire a chiederti perdono di quanto ha fatto, umile come una pecora.
A fé disse Monipodio che il vituperoso non entrerà in questa casa prima di fare una manifesta penitenza del delitto.
Ah per vita di v. s., signor Monipodio disse allora la Giuliana, non dite più male di quel scelerato, che ancor che egli sia tristo e rinegato pure lo amo tanto quanto me stessa; le parole che in sua diffesa la Gananciosa amica mia ha dette m'hanno ritornata l'anima nel corpo; e quasi sarei di parere di andarlo a cercare.
Questo non farai tu già per mio consiglio soggiunse la Gananciosa, essendo che per lo avvenire farebbe peggio, dimostrandosi stuffo e renitente e facendo di te giuochi come di un corpo morto.
tutto.
Oh questo sì disse la Giuliana, che ho mille cose da dirli.
Et io sarò il segretario soggiunse Monipodio, quando ne farà bisogno, perché, se bene io non so un iota di poesia, ad ogni modo se mi ci metto mi dà l'animo di fare due migliaia di rime in un santiamen; et quando che non riuscissero a tutta perfezione ho un amico barbiere gran poeta che d'avantaggio ci empirà le misure, ogni volta che vorremo; ma per adesso finiamo la colazione, che dopo si farà il tutto.
Si accontentò Giuliana di ciò che volse il suo priore; e così tutti di accordo si posero a dar fine all'incominciato gaudeamus, tanto che in poco spazio videro il fondo della cesta e la feccia della borraccia.
la grossezza del muro per sapere quali stromenti dovevano portare la notte per fare le rotture.
Altri due seguì sono fachini che, mutando tutto il giorno case, sanno quali siano d'utile e quali no, quante le entrate e quante le uscite di ciascuna d'esse in questa città; di modo puoi pensare quanto sia il benefizio che da questi riceve la compagnia.
Parmi il tutto di perla disse Rinconette ed anch'io bramerei essere di alcun giovamento a questa compagnia.
Sempre il cielo favorisce li buoni desiri soggiunse Monipodio, sì che, figliuol mio, non dubitare.
Mentre di questa maniera discorrevano, sentirono battere alla porta, alla quale fattosi Monipodio richiese chi fosse e li fu risposto:
Apra, v. s. signore, ch'io sono il Repolito.
Giuliana, che ciò sentì, conoscendolo alla voce incominciò gridare:
Non lo apra il signore Monipodio, non lo apra; non lasci entrare in nessuna maniera questo rinegato, questo marinaro di Tarpea, questa tigre di Ocagna.
Non lasciò per questo di aprire Monipodio, il che vedendo lei, levatasi di donde era, correndo entrò nella picciola saletta de' brocchieri, dove, serrando di dentro l'uscio, incominciò a dar voci dicendo:
Levamisi davanti questo uomo da niente, questo boia dell'innocenti e questo spaventatore delle colombe domestiche.
Maniferro e Gichiznache tenevano a forza il Repolito, che per ogni modo voleva entrare, però, vedendo essere ogni fatica invano, diceva di fuori:
Non più, non più, vita mia, acquietati né ti attristare, che ti possa io vedere maritata.
Maritata io, traditore rispose la Giuliana, io maritata? Ben lo vorresti, e che io ti fossi moglie, ma più tosto io sarei della morte che tua.
Orsù, stolta replicò Repolito, finiamola né fare la schizzignosa, perch'io parla teco tanto umilmente che, per vita di chi non so dire, se mi fai montare la colera sarà peggio la ricaduta della caduta; renditi umile ed umiliamosi ambidue né diamo da mangiare al diavolo.
Et anco da bevere disse la Giuliana li darei io, perché ti portasse in parte donde mai più ti vedessi.
Non dich'io disse il Repolito che col volere fare delle tue sarai causa ch'io farò delle mie? Che sì, s'io mi ti metto attorno, che le sferzate del centurino si convertiranno in bastonate!
Monipodio, ciò sentendo, vedendo che la cosa doveva parare in brutta maniera pensò di rimediarvi; così con la solita sua gravità disse:
Olà, non più, finiscasi per adesso questa lite ned alla mia presenza per lo avvenire si porti così poco rispetto. Uscirà la Giuliana ma non già per le minaccie, quanto lo farà per amor mio; e di questa maniera il tutto passerà bene, poiché le differenze degli amanti sono causa nelle riconciliazioni di maggior contento.
Com'egli faccia questo disse la Escalanta, tutte saremo in suo favore e la pregaremo a venir fuori ed a volerli bene.
Non si intendiamo rispose il Repolito, perché se questo si ha da fare con umiliarmi, dimodoché vi vada dell'onor mio, dicovi che non mi umilierei ad uno essercito di svizzeri; ma se per lo contrario di questo gode la crudele non solo me li inginocchierò davanti ma mi ficcherò un chiodo nella fronte per suo servigio.
Risero di questo li due Maniferro e Gichiznache, cagione che, pensando il Repolito di lui facessero la burla, tutto alterato li disse:
Chiunque si riderà o penserà di ridere, per quello che fra la Giuliana e me è passato, dico che se ne mente e mentirà tutte le volte che riderà o pensarà di ridere, come ho detto.
Si risguardarono li due come stupidi per la impertinenza del Repolito; e cangiandosi in un subito di colore fecero sì che Monipodio, accorgendosi di ciò che poteva accadere,
Abbia qui fine, o cavalieri, la differenza né seguano altre parole più gravi ma si disfacciano fra' denti; e poiché le dette finora non arrivano alla cintura nissuno le prenda per sé.
Ben sappiamo noi rispose Gichiznache simili parole non esser dette per noi, che se fosse il contrario di già avressimo dato di mano al cembalo, che ben sapete se vi è chi lo saprà sonare.
Ancor noi abbiamo cembalo replicò il Repolito ed ancora se farà bisogno sapremo toccare la sonagliera; et se ho detto che chi si ride o riderà de' fatti nostri se ne mente torno a dirlo di novo e chi pensasse il contrario mi segua, che con un palmo di spada farò vedere ch'io sia.
Dicendo questo si andava ritirando alla porta,
Tenetelo, tenetelo, che non vada, perché farà delle sue,
Così prendendolo per la cappa, con l'aiuto di Monipodio lo ritenne.
e Maniferro, senza punto moversi, osservavano in che doveva parare la cosa, quando il Repolito, pregato da Monipodio e dalla Giuliana, ritornò indietro, dicendo:
Mai gli amici devono sturbare gli amici, né meno burlarsi delli amici, tanto più quando che essendo amici veggono che si alterano gli amici.
Non vi è qui amico disse Maniferro che voglia burlare altro amico e poiché tutti siamo amici toccamosi la mano da amico.
A questo soggiunse Monipodio, dicendo:
Le signorie vostre hanno parlato come buoni amici et come tali è di dovere si diano la mano da amico.
Allora tutti spogliandosi d'odio e di rancore si presero per le mani e la Escalanta, cavatasi di piede una pianella, incominciò con quella a contrafare il cembalo, di modo che,
Forsi vi meravigliate del suonare che si fa con questa scopa?
che tolse dall'inferno Eravice, né Marione che cavalcava il delfino come una mula da vettura, né quell'altro gran musico che fabricò la città con le cento porte maestre ed altre tante porticciuole mai inventarono migliore stromento, tanto facile da adoprarsi, da sonarsi, senza tasto, senza corde, onde ne succeda la necessità di incordarlo, che è una bellezza. Giuro a tale che dicono lo inventò un certo vago, un certo zerbinetto di questa città che nella musica si pica di essere un altro Ettore.
Tanto cred'io rispose Rinconette, però stiamo a sentire che sono per dire questi nostri musici, poiché, avendo sputato la Gananciosa, mi dà segno di voler cantare.
Et così era, perché, avendola pregata Monipodio cantasse alcuna frottola delle più correnti, la Escalanta volle prevenirla, dicendo con voce sottile e spezzata:
Per un sivigliano crudo e senza amore
porto abrugiato questo misero core.
Seguì la Gananciosa cantando:
Per un morettino di color verde,
qual è la foiosa che non si perde?
Monipodio allora, dandosi maggior fretta nel dimenare le sue piastrelle, disse:
Garito han gli amanti, facciasi la pace
e per l'avvenire godano la pace.
Non volle la Giuliana passarsela in silenzio ma prendendo un'altra pianella si pose in danza, accompagnando gli altri, e disse:
Non mi dar, crudele, che se ben vedrai
mentre che mi batti a te stesso dai.
Non si tocchino istorie passate disse allora il Repolito, non essendovene la cagione; ciò che è andato sia andato e non ne parliamo più, mettendo a mano alcun'altra cosa di nuovo.
Davano segno di non dar fine sì presto all'incominciato cantico, se alla porta non sentivano battere, alla quale fattosi Monipodio per vedere che fosse, disse la sentinella qualmente il capitano di giustizia si era lasciato vedere in capo la via e che davanti li andavano il Stornello ed il Fottivento, birri neutrali.
silenzio la musica tutta. Gichiznache divenne muto, contristossi il Repolito e si suspese Maniferro, perloché tutti, qual per una parte e qual per l'altra, scomparvero, nascondendosi sopra i terrazzi della casa, affine di fuggirsene in altre.
tutta quell'onorata genia e nobile razza.
avanti senza pure dar segno di sospizione alcuna.
Maniferro, Gichiznache ed il Repolito, comandando che gli altri si stessero di sopra.
E quale? rispose Gichiznache Quello di quel mercante dell'Incrociata?
Sì disse il cavaliere.
Oh quello che circa questo passa rispose Gichiznache è che iersera lo aspettai alla porta della sua casa, dov'egli venne poco prima dell'orazione; così me li appressai, li misurai con la vista il volto e vidi esser tanto piccolo che difficile era lo improntarvi freggio da quatordeci punti, né sapendo come esseguire la destruzione.
Instruzione volete dire disse il cavaliere.
Questo dich'io soggiunse Gichiznache, per non mancare del debito mio diedi un man roverso sì terribile ad un suo staffiere che di sicuro passa il segno delli quattordeci punti.
Più bramerei un freggio di sette punti sul volto al padrone che di quattordeci allo staffiere;
Ciò dicendo si levò il capello di testa, facendo segnale di andarsi; ma lo prese per la cappa Monipodio dicendo:
Si trattenga v. s. e compisca la data parola, poiché dal canto nostro si ha compito il tutto. Venti ducati mancano e bisogna sborsarli prima che di quivi si parta od almeno, e questo riceva dalla nostra cortesia, lascia un pegno che li vaglia.
E come dite disse il cavaliere di aver compito il convenuto se invece di freggiare il padrone avete freggiato il servo?
O come fa il balordo soggiunse Gichiznache, quasi che non sappia quello che dice l'antico proverbio: Chi ama Giovanni, ama il suo cane.
Ma a che serve questo proverbio? disse il cavaliere.
Serve rispose Gichiznache che, essendo lo stesso, chi odia Giovanni, odia il suo cane: Giovanni è il mercante, v. s. li vuol male, il suo staffiere è il suo cane; così dando al cane si dà a Giovanni; per questo il debito resta liquido, venendo dal canto nostro ad essersi effettuata la promessa; ed a v. s. tocca effettuare la sua.
Di bocca mi levasti quanto hai detto disse Monipodio, sì che, signore, non si metta in questi puntigli per non sodisfare li suoi servitori ma si mostra liberale, pagando quanto è di dovere; et se poi bramerà si dia altro freggio al padrone di quanti punti può capire il suo volto, faccia conto che già sia nelle mani del cirugico, in cura.
Quando ciò sia vero rispose il cavaliere, molto volontieri pagarò e l'uno e l'altro debito integralmente.
Non dubiti di questo disse Monipodio, che Gichiznache glielo farà di modo che sarà stimato naturale, non fattoli a forza.
Assicurato di questo rispose il cavaliere, prendasi questa colanna in pegno delli venti ducati del debito passato et d'altri quaranta che offerisco per il novo.
Presela Monipodio e ben conobbe, e per il peso e per il colore, non essere di alchimia;
Memoria de' fregi che si hanno da dare questa settimana.
Il primo al mercante dell'Incrocciata, vale cinquanta scudi, avutone trenta a buon conto; essecutore Gichiznache.
Non credo che ve ne sia d'altro disse Monipodio, passa avanti e vedi dove dice: Memoria di bastonate.
Passò quel foglio Rinconette e vide che nell'altro era scritto:
Memoria di bastonate.
All'oste dell'insegna del Trifoglio dodeci bastonate delle più pesanti, d'accordo un scudo l'una; ricevutone otto a buon conto. Il termine sei giorni. Essecutore Maniferro.
Ben si può anullare questa partita disse Maniferro, che questa notte li darò senza fallo effetto.
Evvi altro? disse Monipodio.
Sì rispose Rinconette.
Al sarto gobo, sovranominato il Silguero, sei bastonate di tutta perfezione a requisizione della dama che lasciò la gargantiglia. Essecutore il Desmochado.
Meravigliomi disse Monipodio come tuttavia questa partita resti aperta. Senza dubio che deve star male il Desmochado, poiché due giorni sono passati del termine, né pure ha effettuato cosa alcuna.
Io disse Maniferro lo ritrovai ieri e mi disse che per essere stato infermo il gobo non aveva potuto compire il debito.
Questo cred'io soggiunse Monipodio, perché, essendo sì galantuomo il Desmochado, non avrebbe tralasciato di farlo se non trattenuto da più che giusto impedimento.
No signore rispose Rinconette.
Passa dunque avanti replicò Monipodio e vedi dove dice: Memoria di ingiurie communi.
Voltò il foglio Rinconette e nell'altro ritrovò scritto:
Memoria d'ingiurie communi, cioè caraffate sul volto, insolenze con merda, attaccamenti di sambeniti e corna, burle, spaventi, fracassi, coltellate finte, libelli infamatori, etc.
Che dice più basso? disse Monipodio.
Dice rispose Rinconette: Insolenza con merda alla casa.
Non si legga la casa disse Monipodio, che io so troppo bene dov'ella è e sono il tuautem ed essecutore di questa fanciullezza. Il pagamento è d'otto scudi e n'abbiamo quattro a buon conto.
È il vero rispose Rinconette, che il tutto è quivi scritto; ed un poco più a basso dice: Ataccamento de' corni.
Non più disse Monipodio, bastando farli la ingiuria, senza che si sappia la casa ed a chi deve farsi, essendo carico di conscienza il publicare simili cose;
Essecutore di questo seguì Rinconette il Narigueta.
Già si ha esseguito disse Monipodio ed è stato pagato.
Così è rispose il Repolito, però la signoria vostra veda se ci comanda alcuna cosa, perché si fa tardi ed il caldo entra più che di passo.
Altro non comando disse Monipodio, se non che tutti si vadino alli loro posti; né si muti alcuno fino a domenica che viene, che in questo medesimo luogo convenendoci tutti si partirà ugualmente il gramignato.
Li resero grazie li due per così segnalato favore;
Vengo a far noto alle signorie vostre qualmente adesso adesso ho ritrovato Lupino di Malaga e mi ha detto essersi molto avanzato nell'arte, dimodoché con foglie nette è bastante levare li dinari allo stesso diavolo, ma che per esser male all'ordine non viene a registrarsi ed a rendere l'obedienza solita, pure che dominica prossima verrà senza fallo alcuno.
Sempre tenni per fermo disse Monipodio che questo Lupino doveva col tempo riuscire nella sua professione unico, avendo le migliori e più accomodate mani a questo effetto che desiderare si possano, essendo che per esser buono ufficiale sono tanto necessari nel mestiere li stromenti perfetti per essercitarlo, quanto l'ingegno per apprenderlo.
Rittrovai ancora seguì il vecchio in istrada de' Tintori in una camera locanda il Giudeo vestito da prete, qual mi disse essere andato ad alloggiare colà per aver notizia che due del Perù, assai doviziosi de dinari, similmente vi albergavano, affine di tirarli in qualche maniera a giuocare, che, se bene fosse di poco, pure che dietro al poco sperava dovesse venire l'assai.
Questo Giudeo disse Monipodio è un gran ciurmante ed è di molto giudizio.
No signore rispose il vecchio, almeno ch'io sappia.
Bene, sia in buonora disse Monipodio;
Tutti li resero grazie
Il fine della novella terza