RINCONETTO E CORTADIGLIO
Novella terza
Argomento
In questa novella sono rappresentate, quasi in chiaro specchio, tutte l'astuzie, sottigliezze e furbarie dei più scaltri mariuoli e tagliaborse, acciò ch'ognuno stando in cervello se ne sappia guardare, perciò che così fatta gente, che ha le mani di carpigna, andando sempre verso levante, non torna mai a restituir in ponente con pentimento ciò che una volta ell'abbia afferrato.
Un giorno dei più caldi della state s'incontraron a caso due ragazzi nell'osteria del Moliniglio che si trova ne' confini della famosa pianura di Alcudia, sulla strada che da Castiglia conduce all'Andalogia. L'uno mostrava essere di quindici anni, l'altro appena arrivava a dicisette ed eran amendui d'assai belle maniere e di qualche garbo, però mal in arnese e stracciosi e di persona maltrattati. Cappa non la tenevano. Eran di tela i lor calzoni e le calzette di pelle viva.
Di che paese, signor gentiluomo, è vostra signoria? E dove va?
Il mio paese, signor cavaliere rispose l'addimandato, io non lo so, né men dov'io vada.
Però si vede soggionse il maggiore v. s. non essere del cielo e che in questo luogo ella non sia per far dimora, per che forzatamente ha da passar più oltra.
Così è rispose il minore, tuttavia ho detto il vero in quel ch'ho detto, perché non posso dire mio il paese dove son nato, poiché in quello non ho se non un padre che non m'ha per figliuolo ed una madregna che mi tratta da figliastro. Or il viaggio ch'io faccio è alla ventura, però non anderei più avanti s'io capitassi qui da qualcuno che mi desse il necessario per passar questa misera vita.
E sa qualch'arte vostra signoria? domandogli il maggiore.
Altra non so rispose se non che corro com'un lepre e salto com'un daino ed anco so tagliare con forbici sottilissimamente.
Tutto questo è molto buono soggionse il primo e molto utile, perché vi sarà ricamatore che darebbe a vostra signoria gran mercede, acciò lei tagliasse fioroni e lavori di carta.
Il mio tagliare rispose il secondo non è di quella sorte, perché il mio padre, che per la misericordia di Dio è sartore e calzettaro, m'insegnò a tagliar calzette di pelle di mietitori e tanto ben le so tagliare che, non v'ha dubbio, potrei passar per mastro, se la mia ventura non mi tenesse così al basso, come mi ci vedete.
Tutto questo, ed anche peggio disse il maggiore, suol arrivare agli uomini da bene e sempre ho sentito dire che i miglior ingegni e le migliori capacità sono i manco adoperati. Ma tuttavia ancor assai ha da viver vostra signoria per avere miglior fortuna.
Sì posseggo rispose il minore, però quelle non son palesi, come v. s. ha molto ben dato nel vero.
Al che replicò l'altro:
Sappia v. s. ch'io sono uno de' più segreti giovanetti che si possa trovare. E per obbligarla a scuoprirmi l'animo suo voglio prima scuoprirle il mio, perciò che io m'imagino che non senza misterio ne ha la sorte qui accozzati, e spero che da quest'ora sin all'ultima della nostra vita noi abbiamo da essere strettissimi amici.
Sia in buonora soggionse l'altro ed invero tengo a gran favore l'avermi dato v. s. contezza della sua vita, che con questo m'ha obbligato a ragguagliarla della mia con quella brevità che mi sarà possibile. Nacqui in quel pietoso luogo tra Salamanca e Medina del Campo. Mio padre è sartore. Egli m'insegnò l'arte sua, a tagliar maestrevolmente con forbici, ma col mio sottil ingegno vi riuscii così esperto ch'indi passai a tagliar borse.
Parliamo d'altro disse il Rincone e, poiché noi ci conosciamo, non fanno caso tutte quelle grandezze e spampanate. Confessiamo liberamente che non avevamo un quattrino, né anco scarpe.
Sia fatto come voi dite rispose Teodoro Cortado, che così disse il minore che si chiamava e, posciaché la nostra amicizia, come v. s. ha detto, signor Rincone, ha da essere perpetua, cominciamola con lodevoli cerimonie.
In questo dire fecesi in piedi Teodoro Cortado ed abbracciò il Rincone ed il Rincone lui scambievolmente, con dimostrazione di grand'amore. Subito poi si poser a giuocare al ventiuno con le già nominate carte, nette di polvere e di pagliucche ma non d'untume e di malizia. In poco d'ora il Cortado alzava così sicuramente un asso come il Rincone suo maestro.
Sì che v'andiamo rispose il Rincone e serviremo le signorie vostre in tutto ciò che ne comanderanno.
Così senz'altre cerimonie, in tre passi ed un salto, si misero a caminar davanti alle mule e se n'andarono con loro, lasciando molto malcontento il mulatiere e l'osta meravigliata delle furbarie di quelli mascalzoni, perché ella sentito aveva i lor discorsi senza ch'essi se n'avvedessero.
E quando disse al mulatiere che lor aveva udito dire che le carte ch'essi portavano erano false, egli da gran dispetto si spelava la barba e voleva corrergli dietro all'altra osteria, per riaversi i suoi denari, perché esso diceva ch'a lui fosse un grand'affronto e gran vergogna che due ragazzi avessin trappolato un omaccione grande e grosso com'egli era.
Fra tanto il Cortado ed il Rincone usavan ogni diligenza e gran destrezza in servire quei viandanti, i quali per buon pezzo di strada gli portavan in groppa e gli spesavano. Et ancorché se gli offerivano occasioni di tentar le valigie dei loro mezzo padroni non vollero però valersi d'esse, per non perdere quella tanto favorevole d'andare a Siviglia, dov'eglino avevano grandissimo desio di arrivare.
S'erano licenziati da quelli che insin lì gli avevano fatte le spese. L'altro giorno dapoi vendettero le due camiscie in quella strazzeria, o marcatuccio, che si tien fuora della porta dell'Arenale e di quelle cavarono venti reali.
Non parve ai due compagni da non far conto della relazione dell'asturianetto né lor dispiacque quell'offizio, maggiormente perché quadrava, ed era molto a proposito, per più sicuramente poter esercitare quell'altro loro con la comodità ed il pretesto che questo dava d'entrar liberamente in ogni casa.
In questo, arrivarono un mezzo scolare ed un soldato, i quali, invitati dalla pulitezza delle sporte dei due novizi, quel che pareva esser lo studente chiamò il Cortado ed il soldato il Rincone.
In nome di Dio sia dissero amendui.
Ben si comincia quest'offizio disse il Rincone, poiché vostra signoria, signor mio, mi darà il primo guadagno, per quando l'averò servita.
Non potrà essere se non buon il guadagno rispose il soldato, perché ho vinto al giuoco e son innamorato; ed oggi fo banchetto a certe amiche della mia dama.
Caricatemi dunque, signore disse il Rincone, quanto vi pare e piace, che a me basta l'animo e la forza di portare addosso quanta robba si vende in questa piazza. Et oltracciò, se fosse di bisogno aiutare a cucinarla, lo farò molto volontieri.
Piacque al soldato il procedere del ragazzo e gli disse che, se servir volesse, egli lo leverebbe di quel vile offizio.
Gli promise il Rincone con la fedeltà buon servizio. Pagollo il soldato con poco men di tre quarti di un reale, coi quali in un volo egli ritornò alla piazza, per non perder occasione.
S'appressò il Cortado al Rincone e gli domandò come gli fosse riuscita;
In quel che gliela ebbe data secretamente, gionse lo studente tutto sudato, tutto turbato e scolorito in viso.
Tutto ciò ch'io sappia dire di quella borsa è che non deve esser perduta, se pur non fosse che vostra signoria l'avesse riposta in luogo poco sicuro.
Ah, meschino me, così sarà rispose lo scolare ch'io l'abbia riposta in luogo malsicuro, come voi dite, poiché me l'han rubbata.
L'istesso dico io replicò il Cortado, però a tutto v'è rimedio, eccetto alla morte; e quello che a vostra signoria possa giovare si è l'avere pazienza.
Con manco Dio ci ha fatti; e doppo un giorno vien un altro giorno e là dove le danno, là se le pigliano. Chi sa che forse non venga tempo che colui che prese la borsa venisse a pentirsi ed a vostra signoria la restituisse, come si dice, profumata.
Per lo profumo sarei contento ch'egli se lo tenesse rispose lo studente.
E tanto più seguitò il Cortado che vi è il peccato e, se a ciò s'aggiongerà la diligenza, ella è madre della buona ventura. Ma tuttavia non vorrei esser io quello ch'avesse rubbata tal borsa, perciò che, se vostra signoria tiene qualcuno di questi uffizi sopra l'entrate della chiesa o del publico, a me parrebbe ch'io commesso avessi qualche gran peccato o qualche incesto.
Ch'abbia commesso gran errore chi m'ha tolta la borsa disse l'afflitto scolare non vi ha dubbio, perché, se ben non sono sacerdote ma solamente graduato d'un offizio di comenda, i denari ch'erano nella borsa venivano da tre mesi d'entrata d'una capellania ch'un amico mio mi diede da riscuotere e però è denaro privilegiato.
Buon pro gli faccia disse allora il Rincone, io non vorrei far robba con simili guadagni.
Frutta la etc. che m'ha fatto rispose il graduato, vinto o poco manco da colera, sono ora per dirti quant'ella frutti?
Cotal rimedio disse il Cortado a me non par impertinente; però avvertisca vostra signoria a non iscordarsi li contrasegni della borsa ed appuntatamente la quantità dei denari che sono in quella, perché, se si errasse d'un bagatino, mai più in nissun giorno al mondo la vedereste; e questo vi sia per avviso o per presagio.
Non s'ha da dubitar di quello rispose il rubbato, perché l'ho più nella memoria che non il far suonare le campane, e non ci errerò d'un atomo.
Questo dicendo, egli si cavò dalla saccoccia un fazzoletto lavorato, per asciugarsi il sudore che gli stillava per la faccia come da un lambico; ed appena il Cortado l'ebbe addocchiato che lo tenne per suo.
Ditemi, signori galanti, sete voi camuffi o no?
Non intendiamo quel gergo, signor galante rispose il Rincone.
Dico che non han il diritto, signori murci replicò l'altro.
Non c'impacciamo di storto o diritto né siamo di Murcia rispose il Cortado; s'avete altra cosa da dirci, ditela o, se non, andate con Dio.
Non l'intendete? Ve la voglio dar ad intendere, anzi farvela bere, come in un cuchiaro d'argento.
Come alla dogana? Si paga in questa terra, o galantuomo disse il Rincone, il dazio de' ladroni?
Se non si paga rispose colui, almanco scrivonsi nel libro del signor Monipodio, il quale è lor padre, lor maestro e lor protettore.
Io credevo disse il Cortado che il rubbare fosse un'arte libera, franca di dazio e di gabella, o che, s'ella si pagasse, che fosse all'ingrosso, dando per sicurtà la gola o le spalle.
Et in che modo qualificato, destro e sufficiente! rispose il ragazzo L'è tanto che, in quattro anni ch'egli è il nostro maggiore e padre, non sono stati se non quattro che nel finibusterrae abbiano dato di calci al rovaio e circa trenta ceriti e sessantadue in corsina.
Invero disse il Rincone che così intendiamo quel vostro parlare, come non sappiamo volare.
Cominciamo a caminare disse il menante, ch'io loro anderò dichiarando pel camino quelle parole, con altre insieme, le quali è così necessario che l'intendiate e le usiate, come v'è necessario il pane che mangiate.
Dunque lor disse e dichiarò quelle voci, le quali fra quei furbi si chiamano del gergo; e non fu breve il suo ragionamento perciò che il camino era lungo. Nel quale disse il Rincone alla sua guida:
E siete voi, signore, per avventura ladrone?
Sì sono rispose egli, per servir la gente da bene, ancorché io non sia dei più pratichi, perché non ho finito l'anno del mio noviziato.
Certamente soggionse il Cortado a me è cosa nuova l'intendere che vi siano ladri in questo mondo per servizio della buona gente.
Non voglio replicò il furbetto mettermi in dispute ma quello ch'io so è che ognuno nell'arte sua può ingannarsi, maggiormente osservando in questa quegli ordini che 'l signor Monipodio suol dare a tutti i suoi figliuoli adottivi.
Senza dubbio io credo disse il Rincone che quelle sue leggi siano buone, poich'esse fanno che i ladroni con l'arte loro servano la gente da bene.
Son tanto buone replicò l'altro che io non so se si possano megliorare nell'arte nostra.
Tutte queste cose disse il Cortado mi paiono di perle. Ma mi dica di grazia, vostra signoria, si fa altra restituzione, od altra penitenza, che quella m'avete detto?
In quanto al restituire, non occorre pensarci rispose il ragazzo, imperò che non è possibile, a causa delle molte parti nelle qualli va spartito quello che vien rubato, ciascuno de' ministri e contraenti tenendosi la sua.
Dunque quelli signori disse il Cortado chiamano quella vita buona?
E che cosa vi è di male? replicò l'altro Non è peggio l'esser eretico o rinegato, o patricidio ch'amazza il padre o la madre, o l'esser solomico?
Sodomito volete dire soggionse il Rincone.
Sì, quello dico rispose l'altro.
Tutto quello è male replicò il Cortado. Nulladimeno, poiché così vuole la nostra sorte che noi entriamo in questa compagnia, v. s. allarghi il passo, perché io mi muoio di voglia di vedermi ben presto col signor Monipodio, di chi la fama tante virtudi va publicando.
Ben tosto sarete servito rispose l'altro, che già di qui si vede la casa sua. Aspettin alla porta le signorie vostre, mentre ch'io vada a vedere s'egli sia occupato, perché questa è l'ora ch'ei suol dar audienza.
Vada in nome di Dio disse il Rincone.
Fecesi innanzi l'altro e se n'entrò in una casa di brutta apparenza. Fra tanto i due compagni stettero ad aspettare alla porta.
Da questo conobbe il Rincone, ed era vero, che la sportella serviva di cassella, o tronco, da metter dentro denari e la scodella da tener l'acqua santa.
Ecco qui, signor Monipodio, questi sono i due buoni giovani di cui già ho parlato a vostra signoria. S'ella sarà contenta d'esaminarli, gli troverà degni e capaci d'esser ammessi in questa compagnia.
Tanto farò rispose il Monipodio e molto volentieri.
Io m'era scordato di dir che quando egli venne giù dalla scala tutti, tutto ad un tempo, quelli che lo stavano aspettando con basso inchino gli fecero una gran riverenza, però non i due bravi di sopra mentovati, i quali si cavarono per salutarlo a mezo solamente il capello e subito senza altra cerimonia cominciarono a passeggiare in un cantone del cortile, mentre che 'l Monipodio passeggiava nell'altro. Egli domandò primamente alli due novizzi novelli qual fosse l'arte loro, poi s'informò della lor patria e chi fossero i suoi parenti.
Già abbiamo detto qual sia l'arte nostra rispose il Rincone, poiché veniamo da vostra signoria. In quanto alla patria, per mio parere importa poco il dichiararla ed il dar conto de' miei parenti, posciaché non si tratta in questo luogo di darle informazione per ricevere abito di alcuna milizia od altro titolo di onore.
Voi, figlio mio disse allora il Monipodio, parlate da giudizioso ed è molto ben avvisato, ed anco più sicuro, il tacere quello che dite, perché, se corresse la sorte per la cattiva via, non potrebbe star bene che si trovasse scritto nel registro dello scrivano o nel libro delle entrate: "Un tale, figliuolo del tale, nativo o cittadino di tal luogo, un tal giorno fu impiccato, o fu frustato, od ebbe la tal pena", il che, come sia, suona male alli buoni orecchi. Però, torno a dirvi ch'è sano avviso, e di gran giovamento, tacer la patria, non dir quali sieno i parenti ed il mutare i propri nomi, benché fra noi non deve esser celata cosa veruna, perloché voglio ora saper i nomi d'ambi voi due.
Il Rincone disse il suo, così fece il Cortado.
È mia volontà seguitò il Monipodio che voi, Rincone, da quest'ora per sempre abbiate nome il Rinconetto, e voi, Cortado, il Cortadiglio, che questi sono nomi i quali quadrano appunto con gli anni vostri ed i nostri statuti, che vogliono che si sappiano i nomi di quelli di questa compagnia,
Per certo disse il Rinconetto, già confirmato in questo nome che questa è opera degna dell'alto e profondissimo ingegno ch'abbiamo sempre inteso dire ritrovarsi in vostra signoria.
A ciò non replicò altro il Monopodio;
Signor sì rispose egli, tre stanno all'erta balcando sopra i passi e non v'è da temere che siamo colti di sopragionta ed improvisamente.
Dunque per ritornare al nostro primo ragionamento disse il Monipodio, vorrei saper, figliuoli, che cosa l'uno e l'altro sapete fare, acciò che io v'assegni e dia quell'officio ed esercizio che più vi si convenga e sia accomodato all'inclinazione e capacità vostra.
Io per me rispose il Rinconetto intendo un poco la raza delle bigordine, con quella so far la salvaterra, ho buona vista contra il fumo, faccio passar un asso per un quattro, un quattro per un otto; non lascio che l'occasione si compri il porco, quando la si presenta di far la raza. Entro e camino per la bocca della bruna come se fosse per la porta e per casa mia ed anche mi basta l'animo di fare un terzo d'astuzia nel rubbare, meglio che un terzo di Napoli, e trappolar con un sottil inganno il più oculato, con dargli un asso di picche più facilmente che due reali ad impresto.
Questi sono principi replicò il Monipodio ma niente altro che fiori di lavanda già secchi, voglio dire inganni tant'usati che non vi è principiante che non gli sappia e servono solamente per qualcheduno che fosse così pirlo che dalla mezzanotte in là si lasciasse ammazzare.
Et io spenderovi tutti li miei spiriti rispose il Rinconetto e tutto sarà per servire vostra signoria ed i signori compagni.
E voi, Cortadiglio, che cosa sapete fare? domandò il Monopodio.
Io so rispose egli far quella burla che dice metti due e cava cinque e so toccar il polso e dar la stretta ad una borsa, o ad una saccoccia, con molta puntualità e destrezza.
Sapete altro? replicò il Monipodio.
No, colpa de' miei peccati rispose il Cortadiglio.
Non lasciate però, figliuolo, di star di buona voglia soggionse il Monipodio, che sete arrivato ad un porto dove non vi annegherete e ad una scuola nella quale imparerete per riuscire in tutto ciò che sia dell'util vostro e che meglio vi convenga.
Benissimo rispose il Rinconetto, perché l'abbiamo tale, e così buono, che non ricuserà di tentare ogn'impresa di quelle che all'arte nostra ed al nostro esercizio spettano.
Questo sta bene replicò il Monipodio; ma vorrei che anche l'aveste per sostenere e star saldi a sei tratti di margherita senz'aprir bocca.
Già sappiamo, signor Monipodio disse Cortadiglio, che cosa sia margherita e per qualsivoglia incontro ne basta l'animo e non siamo tanto ignoranti che non sappiamo che quello che dice la lingua lo paga il collo, o la gola, e che del cielo è particolar grazia all'uomo ardito, per non dargli altro nome, che stia nella sua lingua o la sua vita o la sua morte, come se un no avesse più lettere d'un sì.
Orsù basta disse il Monipodio;
Anch'io sono di quel parere disse uno delli due bravi.
E da tutti gli astanti unitamente fu confermato, perch'essi erano stati ascoltando il discorso. E pregarono il Monipodio che in quell'ora lor concedesse di godere l'immunitadi ed i privilegi della loro compagnia, perciò che la buona presenza e buon discorso de' due compagni il meritavano.
In quel mentre, ecco venir correndo sbigottito ed anelando un ragazzo che disse:
Il bargello de' vagabondi se ne viene a dirittura a questa casa, però non viene con esso la sua braccheria.
Nessuno si muova disse il Monipodio né si spaventi, perch'egli è amico nostro e mai vien qua per farci danno; dunque tutti stien saldi, che anderò a parlare con esso lui.
Rimesserosi tutti, che già s'erano turbati, e venne il Monipodio fuori della porta, ove, trovato il bargello, stette un pezzo a parlar seco e subito poi rientrò e domandò:
A chi ha tocco oggi il campo di San Salvadore?
A me disse la guida.
E perché dunque soggionse il Monipodio non mi si ha manifestato una borsetta profumata d'ambra che questa mattina è stata truccata in carpigna in quel predetto luogo, con dentrovi quindeci scudi d'oro e due doppi reali e non so quanti altri soldi minuti?
Egli è vero rispose la guida che quella borsa oggi vi è stata presa ma non son quello che l'abbia tolta né posso imaginarmi chi sia.
Con esso meco non vagliono astuzie replicò il Monipodio, bisogna che la borsa ritorni alla luce, perché la domanda il barigello, il quale è amico nostro ed in capo all'anno ci ha fatti mille piaceri.
Ritornò a giurare il puto ch'ei non sapeva cosa veruna di quella borsa.
Allora il Monipodio venne in tanta colera che pareva buttasse fuoco per gli occhi, dicendo:
Non burli nessuno con rompere o trasgredire il minimo che degli statuti nostri, perché la vita gli costerebbe.
Ancora il ragazzo ricominciò a rigiurar da nuovo e maledire chi avesse tolta la borsa, la quale mai egli veduta aveva.
Cessi, signori, tutto questo rumore. Ecco la borsa e non vi manca neanche un bagattino di quanto il bargello ha detto esser dentro. Quella oggi è stata presa dal Cortadiglio mio camerata, con un fazzoletto per gionta, al medesimo padrone d'essa.
Subito il Cortadiglio trasse fuora il moccichino e mostrollo a tutti.
Che 'l Cortadiglio il Buono, ch'ormai voglio che se gli dia questo cognome, si tenga il fazzoletto, che sopra di me piglio la sodisfazione di questo particolare, ed al bargello se gli darà in man la borsa per renderla ad un parente suo ch'è graduato;
Dal consenso universal di tutti fu approvata, anzi lodata, la generosità de' due moderni compagni e la sentenza ed intenzione del lor maggiore, il quale se n'uscì a rimetter la borsa al barigello, e restò il Cortadiglio col cognome di Buono, come s'ei fosse stato don Alonso Perez di Guzman il Buono che gittò il coltello giù per le mura di Tariffa per iscannar con quello l'unico suo figliuolo o per utile della città.
Nel ritornar il Monipodio, entrarono con lui due giovani, inverniciati con belletto i visi, le labra invermigliate a forza di cinabbro, i petti imbiancati ed ammantate con mezzi manti di saia scotta. La ciera baldanzosa diceva chiaramente ch'esse erano sfacciate. Questi furon i segni certi per i quali il Rinconetto ed il Cortadiglio conobbero alla bella prima quelle essere del broncone.
Sì ch'abbiamo portato, bravo mio, credevi tu ch'avesse da mancare? rispose l'una, che si chiamava la Gananziosa
E fu il vero come l'aveva detto, perché indi a poco un giovanotto entrò là dentro con la canestra coperta d'un lenzuolo.
Allora la vecchia che aveva borbotato davanti all'imagine disse:
Figliuol mio Monopodio, qua non son venuta per solazzare, perché da due giorni tengo alcune vertigini che mi fanno diventar matta, oltraché, prima che sia mezzodì, ho da compire le mie devozioni;
Ve lo crediamo, signora madre rispose il Monipodio, e stia così la canestra, che la vederò tutta a parte a parte e darò a ciascuno quel che gli viene fedelmente, com'io soglio fare.
Facciasi, figliuol mio disse la vecchia, com'a voi piace e pare. E perché si fa tardi, s'avete là con che consolar questo stomaco, il quale quasi ognora si smarrisce, datemi un sorso.
Sì, vel daremo, madre mia le disse la Scalanta ch'era compagna della Gananziosa.
E scuoprendo la canestra si vidde un fiasco di cuoio da due boccali, pien di vino, ed insieme con quello un tazzone di sughero che mostrava tener comodamente circa un boccale. Empillo la Scalanta e lo porse alla divotissima vecchia, la quale, ricevendolo con ambe le mani ed avendovi soffiato un poco di schiuma, disse:
Molto ce n'hai messo, figliuola Scalanta, però Iddio mi darà forza per tutto.
Ed applicandoselo alle labbra, d'un sorso solo senza ripigliar fiato, lo travasò dal fiasco nello stomaco ed il finì, dicendo:
È vino di Guadalcanale ed ha ancora un non so che di creta o gesso, il signorotto. Dio ti consoli, figlia mia, come tu consolata m'hai; ma io temo che questo vino mi faccia male, perché ancora in questo giorno non ho mangiato.
Non farà, madre rispose 'l Monipodio, ch'egli è vino di due anni.
Così spero soggionse la vecchiarella.
Ed ancora v'aggionse:
Fra tanto, care figliuole, vedete se per sorte avete qualche moneta da donarmi, per comperare non so che da far certa mia divozione, perché, dalla gran voglia e fretta ch'ho avuta di venire a portarvi la nuova della canestra, m'ho scordato a casa la borsa.
Sì che la tengo, signora Pipotta (che questo era il nome della vecchiarella) rispose la Gananziosa; ecco ch'io vi dono dodici quattrini;
Farai molto bene, figliuola disse la vecchia, e guardati di non diventar misera; voglio dire ch'assai importa alla persona portar da sé stessa le candele in man propria, o farsele portar davanti, innanzi ch'ella si muora, senz'aspettare che gli eredi suoi, od essecutori del suo testamento, ce le mettino per lei.
Dice benissimo nostra madre Pipotta disse la Scalanta.
E mettendo la man alla borsa le diede altri quattrini e la incaricò che pregasse per lei.
Ora, figliuole, datevi bel tempo, mentre potete, che verrà la vecchiezza, nella qual piangerete l'ore perdute in gioventù, come ora le piango io; e raccomandatemi a Dio nelle vostre orazioni ed io vado a far il simile per me e per voi tutte, acciò che possiamo conservarci nella perigliosa nostr'arte senza paura né pericolo di giustizia.
Detto questo si partì.
Chi batte?
Fugli risposto da di fuora:
Son io; non è niente, signor Monipodio, son il Tagaretto, la sentinella di questa mattina; e vengo a dirvi che se ne viene qua la Cariarta, tutta scompigliata ed afflitta, come che le sia sopragionta qualche disgrazia.
In quello, eccola venire singhiozzando. Sentendola, il Monipodio aprì la porta e comandò al Tagaretto che se ne ritornasse al suo posto e che per l'avvenire dovesse avvisare con manco strepito quel che vedesse.
La giustizia di Dio e del re venga addosso a quel ladrone, smargiasso, a quel codardo furfantone, quel pidocchioso, il quale ho cavato dalla forca più volte ch'egli non ha peli in barba.
Quietati, Cariarta disse allora il Monipodio, ch'io son qui per farti giustizia.
Che rispetto? rispose lei Rispettata mi vegga io nell'inferno, se più lo voglio essere da quel leone coll'agnelle ed agnello con gli uomini.
Ed all'istante, alzandosi sin alle ginocchia i panni, ed anche più, mostrò la carne tutta livida da battiture.
A questo modo m'ha trattato seguitò ella a dire quell'ingrato del Repolido che più è obligato a me che alla madre che l'ha fatto.
Detto questo, ella di nuovo alzò le voci della sua querela, tornò a domandar giustizia e 'l Monipodio gliela promise ancor da nuovo e tutti i bravi ch'eran presenti.
Perché voglio che tu sappi, sorella Cariarta, se nol sai, che chi ben ama, ben castiga.
E che quando da questi bricconi siamo accarezzate e pettinate con le staffilate ed i calci, allora ci adorano; e che sia vero, confessami la verità per vita tua: doppo averti il Repolido così gastigata a pollo pesto, non ti fece egli qualche carezza?
Come qualche carezza? rispose la piangente Me n'ha fatto centomila ed averebbe dato un dito della mano perch'io fossi andata con lui a casa sua; e, come mi parve, gli venivano le lagrime sugli occhi, doppo avermi pesta a questa foggia.
Non v'ha dubbio replicò la Gananziosa ch'egli non pianga per averti acconcia di quella sorte, perché così fatti uomini in simili casi non sì presto hanno commesso l'errore che si sentono tocchi da pentimento. E tu vedrai, sorella, ch'innanzi di qui ci partiamo esso verrà a cercarti e chiedere perdono, umiliandotisi com'un agnello, di quanto è passato.
Per mia fé disse il Monipodio che per questa porta non entrerà il codardo furfante, se prima egli non faccia manifesta penitenza del commesso delitto.
Ah, signor Monipodio disse allora Giuliana, non dica male vostra signoria di quel tristo, che, quantunque egli così cattivo sia, con tutto ciò gli voglio più bene ch'agli occhi miei. M'hanno ritornata l'anima in corpo le ragioni che in favor di lui m'ha detta la mia amica la Gananziosa e per quelle io sono per ir a cercarlo.
Questo nol farai, se a me credi soggionse la Gananziosa, però che, se tu 'l facesti, egli si gonfierà ed allargherà di modo che non farà più conto di te che d'un corpo morto;
Oh, questo sì replicò la Cariarta, che mille cose ho da scrivergli.
Io disse il Monipodio sarò il segretario, se uopo fia; ed avegna che io non sia nientissimo poeta, tuttavia, s'io mi ci metto, mi basta l'animo di far in un voltar di mano duemila versi. E se quelli non daranno in brocca come bisogna, ho un amico mio, barbiere e gran poeta, che supplirà e ce ne darà a misura colma a tutte l'ore. Fra tanto finiamo la nostra cominciata collazione ed ogni cosa poi anderà bene.
Contentossi Giuliana d'ubbidire al suo maggiore e così tutti insieme tornarono al suo gaudeamus ed in poco di tempo viddero il fondo della canestra e quello del fiasco.
Il Rinconetto, che naturalmente era curioso, domandato ch'ebbe primieramente licenza, chiedette al Monipodio che gli dicesse a che servissero alla compagnia quelli due personaggi cotanto canuti, gravi e di tanta presenza.
E fra di loro ve ne sono di sì cortesi, e specialmente quelli due che di qui si partono adesso, che di manco di quello che per nostri statuti lor tocca si contentano.
Tutto ciò mi pare oro ed azurro disse il Rinconetto ed io per me vorrei poter essere di qualche profitto a sì famosa compagnia.
Sempre soggionse il Monipodio favorisce il cielo i buoni desideri.
Mentre così stavano a ragionare, fu picchiato alla porta, fecesi colà il Monipodio e domandò chi fosse:
Apra, v. s. signor Monipodio, io son il Repolido.
Sentillo la Cariarta ed alzando la voce disse:
Non apra, v. s. signor Monipodio, non apra a quel marinaro di Terpeia, a quella tigre di Ocagna.
Non per questo lasciò il Monipodio d'aprire il Repolido, il che veggendo la Cariarta levossi presto e correndo se n'entrò nella sala dei brocchieri e, avendo serrata la porta, di lì dentro gridava a bocca spalancata:
Che mi si levi dagli occhi quel furfante da niente, quel boia d'innocenti, quello spaventatore di colombe domestiche.
Il Maniferro e 'l Cichiznacco tenevano stretto il Repolido che a tutti i modi voleva entrare ov'era la Cariarta; però, come non lo lasciavano che scappasse, egli dal di fuori diceva:
Orsù, non più colera, cuor mio, quietati per vita tua e così maritata tu ti vegga.
Io maritata, maligno che tu sei rispose la Cariarta, guardate, di grazia, che corda egli tocca. Vorresti forse ch'io lo fossi teco? Più presto mi mariterei con una sodomia di morto.
Finiamola, madonna matta replicò il Repolido, che si fa tardi, e non ti gonfiare, perché tu mi vedi con parole dolci umiliarmi, che al corpo di Bacco, se i grilli mi salteranno in testa, ch'ha da essere la ricaduta peggiore della caduta. Umiliisi, ed umiliamci tutti, e non diamo da desinar al diavolo.
Anche da cenar gli darei soggionse la Cariarta, acciò egli ti portasse in luogo dove i miei occhi mai ti vedesino.
Madesì disse il Repolido, affé, affé, signora beffana, che comincia a venirmi l'odor al naso ch'ella mi si debba sfogare.
A queste parole il Monipodio disse:
In presenza mia non s'ha da venire a questi termini d'eccesso. La Cariarta verrà fuora non già per minaccie ma per amor di me e tutto anderà bene. Le contese fra quelli che s'amano recano maggior gusto doppo fatta la pace.
Come egli voglia far questo disse la Scalanta, tutte piegheremo in favor suo e pregheremo Giuliana ch'ella venga qua fuora.
Se questo s'ha da fare per via d'arrendimento soggionse il Repolido, che dà odore di poco animo ed anche di disprezzo della persona, io non mi arrenderei ad un formato essercito di svizzeri; ma se sia per solo il gusto della Cariarta un chiodo mi conficcherò nella fronte per suo servizio, non che inginocchiarmi ai piedi suoi.
A queste parole il Cichiznacco e 'l Maniferro ebbero da ridere; ma il Repolido ne venne in colera tanta, credendo che di lui si burlassino, ch'egli in queste parole proruppe:
Qualunque si ride o pretende ridere e burlarsi di quello che la Cariarta m'ha detto, od io ho detto a lei, o che siamo per dire, dico ch'egli se ne mente e mentirà ogni volta che se ne riderà o penserà ridersene.
Allora si vidde il Cichiznacco e 'l Maniferro come alterarsi e turbarsi in faccia, per il che il Monipodio previdde che vi sarebbe qualche disconcio s'ei non vi rimediasse.
Fermatevi, cavalieri, cessino le parole offensive e si disfacciano fra' denti. E, poiché quelle che sono state dette non arrivano sin a cintola, niuno per sé se le pigli.
Sappiamo certo rispose il Cichiznacco che così fatti monitori non furono detti né si diranno per noi, che, se alcuno sel fosse solamente imaginato, il cembalo era in mano di chi l'avesse saputo ben toccare.
Anche noi abbiam qui cembalo, signor Cichiznacco replicò il Repolido, ed anco se sia bisogno sapremo toccar i sonagli. Ho già detto che chiunque si burla se ne mente; e chi vorrà dir in contrario mi seguiti, che con manco d'un palmo di spada io gli farò vedere che quello ch'è detto è detto.
Questo dicendo egli volle uscire.
Fermatelo, fermatelo, che non vada fuora, perché farà di quelle sue,
E correndo da lui preselo per la cappa e, anche sopragiongendo il Monipodio, lo fermarono.
Mai debbono gli amici dar noia né impaccio agli amici, né manco burlarsi di loro, maggiormente quando che veggono starsi a contendere gli amici.
Qui non è alcun amico rispose 'l Maniferro che voglia dar noia né burlarsi dell'amico; però, poiché siamo tutti amici, restiamo amici.
Voi avete disse il Monipodio parlato da buoni amici, dunque come amici datevi l'un l'altro la mano da amici.
Subito se la diedero e la Scalanta levandosi dal piede una pianella cominciò a toccar sopra quella come sopra un cembalo;
Vi meravigliate della scopa?
Questo credo io rispose il Rinconetto ma stiamo a sentire ciò che i nostri musici cantar vogliano, che mi pare che la Gananziosa abbia sputato, segno ch'ella voglia cantare.
Et è vero, perché 'l Monipodio l'aveva pregata che cantasse alcune villanelle di quelle che s'usano e vanno in volta; però, quella che cominciò fu la Scalanta, la quale con voce sottile ed interrotta cantò la seguente villanella:
Por un sevillano, rufo a lo valón,
tengo socarrado todo el corazón.
Seguitò la Gananziosa:
Por un morenico de color verde,
¿cuál es la fogosa que no se pierde?
E subito poi il Monipodio, accordando colla prestezza de' suoi greppi, cantò:
Riñen dos amantes, hácese la paz.
Si el enojo es grande, es el gusto más.
Non volle la Cariarta che il suo gusto passasse sotto il silenzio, perché pigliando un'altra pianella, o zoccolo, entrò in ballo cantando:
Detente enojado, no me azotes más,
que, si bien lo miras, a tus carnes das.
Cantiamo come si deve disse allora il Repolido e non ramentoviamo storie passate, che quello ch'è fatto è fatto, e pigliamola per altra strada e basta.
Stavano per non finire così presto il cominciato cantare, se non avessino sentito battere fortemente alla porta; v'andò il Monipodio a vedere chi era e la spia gli disse che in capo alla strada spuntava il bargello e che davanti a lui venivano il Tordiglio ed il Cernicalo, sbirri neutrali.
Quale disse l'addimandato, quello di quel mercante del cantone all'Incrociata?
Quell'è soggionse il gentiluomo.
A dirvi il vero rispose il Cichiznacco, iersera l'aspettai sulla porta di casa sua, dov'egli arrivò innanzi che suonasse l'avemaria. Io me se gli accostai e con la vista gli misurai il viso e viddi ch'egli l'aveva sì picciolo ch'affatto impossibil era capir in quello uno sfregio da quatordici punti, di sorte che, trovandomi non poter compire l'impromesso conforme il tenore della mia distruzione.
Instruzione vuol dire v. s. disse il gentiluomo.
Quello sì soggionse il Cichisnacco; dico che, nella strettezza e nel poco spazio di quel viso non essendo luogo per i punti determinati e perché io non perdessi i passi, diedi la coltellata ad un suo ragazzo che affé la puol essere nel numero di quelle straordinarie.
Averei avuto più a caro disse il gentiluomo che voi l'aveste data da sette al padrone che da quatordici al servitore.
Questo dicendo, cavossi il capello e voltò le piante per irsene; ma il Monipodio lo prese per il lembo della cappa, ch'era di saia mischia, e gli disse:
Fermisi v. s. ed adempisca la sua promessa, poiché noi abbiam adempita la nostra onoratissimamente e con vantaggio di lei; qui mancano venti ducati; però v. s. non ha da uscire di questa casa senza dargli, overo pegno che gli vaglia.
Dunque a questa foggia replicò il gentiluomo v. s. chiama compimento di promessa dar la coltellata al servitore, invece di dover darla al padrone?
Senz'altro che v. s. ha dato nel punto e l'intende rispose il Cichiznacco; non si ricorda del proverbio che dice che chi ama il padrone, ama il suo cane?
Ma, come può soggionse il gentiluomo quadrar in questo proposito quel proverbio?
Benissimo replicò il Cichiznacco, perché non è la medesima cosa il dire: Chi vuol mal al padrone, vuol mal al suo cane? E così il padrone è il mercatante. V. s. gli vuol male, il suo servitore è il suo cane e dando al cane si dà al padrone; a tal che, il debito resta pagato ed ha sortito la dovuta esecuzione. Per il che, non ci vuol altro se non pagar presto, senza alcuna prolongazione di tempo.
Così ha da essere soggionse il Monipodio e tu, amico Cichiznacco, m'hai tolto di bocca quanto hai detto. Da questo dunque, signor galante, v. s. non si metta in puntigli con i suoi servidori ed amici e pigli il mio consiglio: paghi presto la nostra fatica e, se vi piace che al padrone si dia un altro sfregio di quel tenore o misura che 'l suo viso potrà capire, fate conto che sia spedito il negozio.
Quando che questo sia rispose il gentiluomo, molto volontieri pagherò l'un e l'altro intieramente.
Se n'assicuri disse il Monipodio, come ch'ella è cristiana, che Cichiznacco glielo darà dipinto, anzi scolpito, come se con lui nato fosse.
Stante questa promessa e sicurtà rispose il gentiluomo, ecco ch'io vi do questa collana per pegno dei venti ducati dovutivi e di quarant'altri ch'io vi prometto per lo sfregio che s'ha da dare.
Questo dicendo egli dal collo si cavò la collana, ch'era fatta a magliette minute, e la diede al Monipodio, il quale ben conobbe al colore ed al peso ch'ella non era d'alchimia.
Memoria degli sfregi che si hanno da dare questa settimana.
Il primo, al mercatante dell'Incrociata. Vale scudi cinquanta. Trenta sono stati pagati a buon conto. Esecutore Cichisnacco.
Non credo che vi sia altro sfregio disse il Monipodio, passa innanzi, figliuolo, e guarda ove dice: Memoria di bastonate.
Voltò foglio il Rinconetto e vidde nell'altro margine scritto:
Memoria di bastonate.
E più sotto:
Al taverniere del Trifoglio, dodeci bastonate di quelle da spelar gatti. Sono da uno scudo l'una. Otto pagati a buon conto. Il termine, sei giorni. Esecutore il Maniferro.
Sia pur dipennata di presente questa partita disse il Manifero, perché stanotte ella sarà saldata.
Vi è altro, figliuolo? domandò il Monipodio.
Sì rispose il Rinconetto, un'altra che dice:
Al sartor gobbo, il quale con mentito nome si chiama Silghero, mezza dozina di bastonate di quelle buone, ad istanza della dama che lasciò per pegno la gargantiglia. Esecutore il Desmosciado.
Io mi maraviglio disse il Monipodio che questa partita stia ancor in piede, senza dubbio che il Desmosciado deve esser ammalato, perché sono passatti due giorni del termine e non ha tocco niente in questo negozio.
C'incontrammo ieri disse il Maniferro ed egli mi disse che per non essere venuto fuor di casa il gobbo, perché stava male, ei non aveva adempito il debito.
Facilmente credo che dica il vero soggiunse il Monipodio, perciò che ho il Desmosciado per così buon officiale che, se non si fosse fraposto qualche legitimo impedimento, egli già averebbe dato fine ad imprese maggiori, non che a questa.
No signore rispose il Rinconetto.
Passa dunque più innanzi disse il Monipodio e guarda dove dice: Memoria d'ingiurie comuni.
Passò oltre il Rinconetto e nell'altra carta trovò scritto:
Memoria d'ingiurie comuni, cioè caraffate, olio di ginepro e corna; burle, paure, rumori e coltellate finte, publicazione di libelli infamatori, etc.
Che cosa dice più di sotto? disse il Monipodio.
Dice rispose il Rinconetto: Olio di ginepro nella casa di...
Non si mentovi la casa, ch'io so dove la sia ed io sono l'esecutore di quella frascheria. Per essa, a buon conto di scudi otto del principale, quattro sono stati pagati.
Egli è vero disse il Rinconetto, che così è qui scritto; ed anco più sotto dice: Conficcamento di corna.
Neanche in questo disse il Monipodio si nomini la casa né dove; basta che se gli faccia l'affronto, senza che si dica in publico, il che ho per gran carico di coscienza.
L'esecutore di questa infamia disse il Rinconetto è il Narighetta.
Già quello è stato fatto disse il Monipodio e pagato;
Così è disse allora il Repolido. Però, signor Monipodio, vegga v. s. che cosa le piace comandare che facciamo, perché si va facendo tardi e viene il caldo più che di passo.
Quello che s'ha da fare rispose il Monipodio si è che tutti ve n'andiate a' vostri posti e che nessuno se ne parta sin a dominica, che ci raguneremo in questo medesimo luogo e si spartirà, senza far torto a niuno, quello ch'averete ammassato.
Ambedui gli baciarono le mani per i tanti favori ch'essi ricevevano e promisero di esercitare e portarsi ne' loro uffizi fedelmente, e da uomini da bene, e con ogni diligenza ed accortezza.
Vengo a dire alle signorie vostre qualmente or ora in Gradi mi son incontrato in Lupicino da Malaga e m'ha detto ch'egli si sia fatto così esperto nell'arte sua che con carte schiette gli basta l'animo di vincere all'istesso satanasso i suoi denari. E perché egli si ritrova mal in arnese, e tutto straccioso, non può venir ancora a farsi registrare e dare la solita ubbidienza, ma che senz'altro dominica prossima ei sarà qua.
Sempre mi sono imaginato disse il Monipodio che questo Lupicino sia un unico paragone nell'arte sua, perché egli ha le migliori e più leste mani per quell'effetto che si possa desiderare. Così, per riuscire un buono uffiziale, non sono manco necessari nell'arte che si esercita i buoni stromenti di quello sia stato necessario il buon giudizio con che l'ebbe imparata.
Et anche ho incontrato disse il vecchio, nella strada dei Tintori, il Giudeo in abito lungo. S'è alloggiato lì perché ha avuto notizia che due mercatanti del Perù albergano nella medesima casa e vorrebbe tentare s'egli potesse attacarsi a giuocare con esso loro, ancorché fosse per poca cosa, che da quella si potrebbe venir a molta.
Anche quel Giudeo è un gran furbo e molto pratico disse il Monipodio.
No rispose il vecchione, almanco ch'io sappia.
Sia in buonora soggionse il Monipodio;
Tutti lo ringraziarono.
Egli considerava quello ch'aveva letto nel suo libro di memorie e gli esercizi ne' quali s'occupavano tutti quegli scavazzacolli. Insomma,